Cosa fare dopo Cernobbio
16 - 03 - 2015Giuseppe Pennisi
Il governo greco, soprattutto il
ministro Yannis Varoufakis, ha dato prova di grande abilità
nell’utilizzare il forum di Cernobbio per suscitare simpatie, proprio mentre è
impegnato in un “gioco ad ultimatum” con le istituzione europee ed il Fondo
monetario in cui rimette in ballo anche le riparazioni che la Repubblica
Ellenica dovrebbe ricevere da Germania ed Austria per vicende inerenti la seconda
guerra mondiale (vedi Formiche.net del 3 marzo)
. Dal canto suo, il governo italiano, in particolare il ministro Pier Carlo
Padoan, ha fatto bene nel frenare i fin troppo facili entusiasmi suscitati
da alcuni barlumi di ripresa e della possibile fine della deflazione,
evidenziati da alcuni indicatori mentre altri mostrano che la produzione
industriale continua a crollare.
Tuttavia, terminata la festa sul
Lago di Como, con i titoloni sui quotidiani, occorre chiedersi cosa fare nel
“dopo Cernobbio”. I destini di Grecia e Italia sono più legati di quanto non
sembra. Non solamente c’è – come evidenziato più volte su Formiche.net –
del contagio: se Atene cade, Roma e Parigi potrebbero risentirne ancora prima
di Madrid e Lisbona. Inoltre la citazione ad effetto di Varoufakis della frase
di Nicholas Kaldor secondo cui un’unione monetaria non può
precedere un’unione politica deve essere presa sul serio. E’ una frase
che è stata detta in tanti ed in tanti continenti.
La realtà effettuale delle cosa
mostra che quanto previsto, tra l’altro, da Martin Feldstein e Alberto
Alesina in testi differenti quando iniziava il percorso a tappe verso
l’euro si sta avverando: un incremento della divergenza (non della convergenza)
tra i Paesi che fanno dell’eurozona, un aumento dei contrasti all’interno dei
singoli Paesi nonché tra i Paesi, un mercato finanziario sempre più frammentato
(con il ritorno dei controlli sui movimenti di capitale), un mercato del lavoro
europeo non esistente (anche perché si vogliono utilizzare i contributi
previdenziali come tributi a ciascun Stato e quindi nessun passo si va verso un
sistema previdenziale effettivamente europeo).
Quando il governo greco sembra
invocare un’unione politica in cui avrebbe una posizione nettamente minoritaria
e poco influente, mostra in sostanza che è pronto a scambiare la propria
autonomia (pur limitata a ragione dei debiti con creditori che reclamano di
essere rimborsati) al fine di ottenere in perpetuità trasferimenti
dal resto dell’Unione tale da tenere la propria popolazione in stato di
relativo benessere, senza effettuare le riforme economiche di cui la Grecia ha
disperata esigenza ma che cozzano con interessi costituiti di lungo periodo. In
effetti, Varoufakis invoca un “protettorato europeo” sulla Repubblica Ellenica.
Si deve leggere in questo senso anche la proposta specifica di una maxi
emissione di titoli dalla Banca Europea per gli Investimenti (Bei). In un
protettorato, anche i costi politici e sociali delle riforme e delle non
riforme grava più sul protettore che sul protetto.
Non si vuole raffrontare un
economista di vaglia come Pier Carlo Padoan con il greco-texano Varoufakis.
Ha correttamente sottolineato che nell’attuale quadro internazionale ci sono
opportunità macro-economiche molto ampie che devono però indurre a non
rilassarsi e ad accelerare invece con riforme. A quali riforme occorre
rivolgersi? Non le menziona. Abbiamo la presunzione di poterlo indicare. Non
certo a quella della previdenza di cui si parlotta: nessun Paese resiste a
quasi una riforma della previdenza l’anno in quanto scatena incertezza. Occorre
indubbiamente riformare la pubblica amministrazione ma non seguendo (come
mostra un testo giunto in Parlamento) linee sud-americane di totale
asservimento della dirigenza dello Stato, delle Regioni e dei Comuni ai Governi
di turno, impedendo quella imparzialità che caratterizza ogni
buon amministrazione.
Le riforme essenziali sono le
liberalizzazioni e le privatizzazioni, iniziando da quella Rai che dovrebbe
essere “la madre di tutte le privatizzazioni”, secondo un documento recente
dell’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuan sulla
Dottrina Sociale della Chiesa, organismo internazionale distinto e distante
dalle nostre beghe. Padoan sta vincendo una battaglia sulle privatizzazioni.
Sulle liberalizzazioni, però, grava il “maledetto imbroglio” dei corporativismi
e particolarismi che sembra avere attanagliato Via Molise e Palazzo Chigi.
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