lunedì 16 marzo 2015

CAOS GRECIA/ La trattativa che mette "sotto scacco" l'euro in Il Sussidiario del 16 marzo



CAOS GRECIA/ La trattativa che mette "sotto scacco" l'euro

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La “tragedia greca” era basata sulle unità aristoteliche di tempo e di luogo; l’azione era molto rapida e anche l’intreccio più complesso (si pensi a Edipo Re di Sofocle) si dipanava in meno di novanta minuti. Lo stilema venne rotto, al di della Manica, dal teatro elisabettiano e in Francia da quella mirabile Illusion Comique di Corneille che restò un unicum ed è anche oggi è poco rappresentata.
Questi ricordi non possono non venire in mente se si segue l’estenuante ultimo negoziato tra Grecia e Unione europea. Si tratta, abbiamo detto su queste pagine, di un gioco plurimo a più livelli in cui tutti i partecipanti cercano di raggiungere simultaneamente un equilibrio tra “reputazione” con i loro partner e “popolarità” con i loro sostenitori interni. È un equilibrio di Nash (proprio quello del film A Beautfiful Mind di circa tre lustri fa), ossia un profilo di strategie (una per ciascun giocatore) rispetto al quale nessun giocatore ha interesse a essere l’unico a cambiare. Grazie a Nash sappiamo che se ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, il risultato cui si giunge non è che la situazione ottimale di un giocatore sia ottimale anche per tutti gli altri (l’ottimo paretiano dei testi universitari di un tempo) e si abbia il volterriano “migliore dei mondi possibili”. Dato che nel suo schema non c’è una mano invisibile è possibile che, se ogni giocatore fa unicamente il proprio interesse personale, si giunga a un’allocazione inefficiente delle risorse.
La “tragedia greca” era serrata in unità di tempo e di luogo proprio per evitare sfilacciamenti e giungere a un equilibrio di Nash (pure in Edipo Re) relativamente stabile, o tale da dare prospettive di medio periodo. Quando è iniziata questa ulteriore tornata della trattativa Grecia-Ue (un negoziato annoso poiché l’Eurostat aveva dimostrato, prima, che Atene non aveva le condizioni per far parte dell’Ue e, poi, quelle per entrare nell’eurozona - ma in ambedue i casi l’organo politico non aveva reso pubbliche le conclusioni del proprio organo tecnico e aveva aperto la porta alla Repubblica ellenica), si pensava che sarebbe stata conclusa in pochi giorni con una sospensione di quattro mesi (e il rinvio dell’imminente default) e la messa punto di un programma di riforme strutturali.
Dopo un paio di giorni in cui questo scenario sembrava possibile, è iniziato un “gioco a ultimatum” basato su riparazioni di Germania e Austria alla Grecia per i danni subiti durante la Seconda guerra mondiale. È parso (per ricordare un vecchio film) il ruggito del topo ed è prontamente rientrato. Le ultime notizie sono che proseguono i difficili tentativi di disgelo tra la Grecia e l’Ue, in un percorso tortuoso che vede le parti impegnate in un logorante negoziato.

Da Cernobbio, il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, si è mostrato fiducioso: “La Bce farà tutto il possibile per mantenere l’indivisibilità dell’euro, spero ci garantisca la stessa flessibilità del 2012, quando c’era un altro governo”. Il Presidente del Consiglio Alexis Tsipras si è definito “ottimista” sul fatto che si possa trovare una soluzione per risolvere la crisi della Grecia: al termine del suo incontro con il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, ha detto che questo è “un interesse comune” perché “non è solo un problema greco ma un problema europeo”. Quanto alle incomprensioni e ai malintesi con altri paesi dell’eurozona, secondo Tsipras bisogna “andare avanti, sulla base del compromesso del 20 febbraio, in modo costruttivo”. Schulz, ha detto Tsipras, “è un buon amico della Grecia”.
Parole che si scontrano visibilmente con quelle del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che non esclude più l’ipotesi di un’uscita della Grecia dall’euro: “Dal momento che la responsabilità di decidere è solo della Grecia, e non sappiamo cosa pensa di fare chi è al governo, non possiamo escluderlo”. Un atteggiamento che risponde alla pressione interna: secondo un sondaggio Zdf-Politbarometer, il 52% dei tedeschi è contrario a una permanenza di Atene nell’euro. In Germania sono inoltre molto critici col governo di Tsipras: soltanto l’11% definisce serio il comportamento dei greci rispetto ai partner europei.
Il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, pronuncia parole di apertura, come Schulz, ma non manca di sottolineare quanto sia necessario che il leader greco faccia passi avanti. “Non sono soddisfatto dagli sviluppi della situazione. Non sono stati fatti abbastanza progressi, ma cerchiamo di andare verso una soluzione condivisa”. In chiusura di una confusa settimana, un richiamo alla moderazione è arrivato dal Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, che ha chiesto esplicitamente ai greci di “calmarsi” riferendosi anche alla minaccia di chiedere al governo tedesco le riparazione dei danni provocati dall’occupazione nazista. “In Grecia - ha detto Dijsselbloem - troppa responsabilità per i problemi del paese viene attribuita all’esterno”. L’esito positivo delle trattative, con la definizione di un piano di riforma della Grecia, è fondamentale per sbloccare una tranche da 7,2 miliardi di aiuti ad Atene. Che ha urgenza di ripagare il prestito al Fmi interamente, entro e non oltre il 20 marzo.
Mi sono attardato in questi dettagli di cronaca (che di solito non tratto) per mostrare come il dialogo tra Grecia e Ue assomiglia a quella di una coppia di amanti che si sono abbandonati in cui ciascuno dei due partner è convinto che l’altro lo tradisca. Occorre chiedersi se in questi condizioni il rapporto può andare avanti. Tanto più che negli ultimi anni si è accentuato il divario tra le maggiori aree dell’unione monetaria, mentre i “Padri Fondatori dell’euro” avevano promesso una più spinta convergenza e maggiore prosperità per tutti. Occorre anche chiedersi se non è il caso di cominciare pensare a un riassetto programmato e ordinato dell’unione monetaria, invece di andare verso una dissoluzione caotica.  Ossia un percorso che consenta a paesi o gruppi di paesi dell’Eurozona di andare ordinatamente verso un regime simile all’accordo europeo dei cambi (giornalisticamente chiamato Sme).


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