giovedì 4 novembre 2010

Opera, i meriti dell’Italia nella costituzione dell’Unione europea Il Velino 4 novembre

CLT - Opera, i meriti dell’Italia nella costituzione dell’Unione europa


Roma, 4 nov (Il Velino) - Mentre fervono i preparativi per la celebrazione del 150 esimo anniversario dell’unità d’Italia e si discute sulle origini del Belpaese, andrebbe rilanciato un dato inoppugnabile: il primato dell’Italia, non ancora unita, nelle radici dell’Unione europea. Nessuna proposta di modifica del Trattato di Lisbona, sia chiaro. Semplicemente che sulla scorta del bel libro, recentemente uscito, di Pier Vittorio Marvasi, “L’Europa all’Opera. Radici musicali dell’Unione europea” (Zecchini Editore), mentre i teatri italiani chiudono e quelli del resto del continente o di Asia e Oceania prosperano e cantano nella nostra lingua, politici, amministratori di fondazioni e sindacati riflettano sull’apporto della lirica non soltanto al Risorgimento (tema trito e ritrito), ma alle radici comuni europee. Marvasi è un giornalista con una lunga carriera alle spalle, ha diretto quotidiani importanti ed è sempre stato appassionato di opera lirica, nonché consigliere d’amministrazione del Comunale di Bologna. Il suo libro è sempre in equilibrio tra storia della musica e reportage. Prende avvio dall’inizio italiano, anzi italianissimo, dell’opera lirica e ripercorre la rapida conquista da parte di questa prima della Francia, poi della Gran Bretagna e della Germania e infine della Russia e del grande mondo mitteleuropeo. Per secoli l’Italia è stata divisa in statarelli spesso sotto dominazione straniera, ma l’italiano è stato la lingua franca non solo delle corti ma di tutte le classi dirigenti europee e di quegli stati che volevano modernizzarsi e avere contatti con il Vecchio Continente.

Marvasi non lo dice, ma in Egitto, dai tempi del Kedhivé Mehemet Ali (di origine albanese ma addestrato nella scuole militari della Penisola), l’italiano era la lingua dell’aristocrazia, della finanza e dei commerci, preferita al francese o all’inglese di chi aveva costruito e gestiva il Canale di Suez. Re Faruk fu il primo regnante (per poco tempo) a parlare arabo e a tentare di imporlo a corte. Leggendo il libro si afferra come, prendendo il via dalle corti italiane del Rinascimento e diventando commerciale nella Venezia del Seicento, l’Opera abbia finito per tessere una rete fitta in tutta Europa, finendo per diventare il tessuto connettivo di un continente in cui dominavano gli scontri tra stati nazionali. Al di là di guerre, battaglie e movimenti d’unificazione che cambiavano le carte geografiche con grande frequenza, l’Opera unì gli europei volenterosi, s’innescò su arbusti anche molto locali trasformandoli, facilitò l’integrazione sociale (palchi, platee e loggioni avevano le stesse emozioni) all’interno dei singoli stati e tra gli Stati stessi. Tre secoli e mezzo di teatro in musica hanno dato vita a una di quelle radici culturali comuni, una tra le più robuste, da cui sarebbe nata a fine millennio l’Unione europea.

(Hans Sachs) 4 nov 2010 15:05

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