CLT - Musica/ Col porno-soft torna di moda l’opera da camera (da letto)
Roma, 24 nov (Il Velino) - L’opera da camera torna di moda: richiede un piccolo organico, mai più di sei- sette cantanti (a volte in differenti ruoli), scene semplici e, quindi, trasportabili da un teatro all’altro e da una città all’altra. Ciò che ci vuole in tempi di crisi e di bilanci magri. Alcuni ironizzano sui titoli proposti e la chiamano “opera da camera da letto” in quanto spesso a tema erotico-sessuale e con momenti molto espliciti. L’esatto opposto del melodramma verdiano, che conosceva la passione (raramente carnale) ma scansava l’eros e ancor di più il sesso. Non è sempre stato così. Per questo si tratta di un ritorno. Nella Venezia del Seicento, sotto il dominio plumbeo dell’Inquisizione, a teatro si mostrava tutto ciò che altrove non si poteva neanche menzionare. Si pensi al trasbordare di eros in alcuni momenti de “L’Incoronazione di Poppea” di Claudio Monteverdi (80enne e sacerdote) o ancora di più alle opere di Francesco Cavalli , la cui “La Calisto”, nella splendida realizzazione di Herbert Wernicke (regia) e René Jacobs (direzione musicale) scandalizzò La Monnaie di Bruxelles ma gira ancora tutto il mondo. Attualmente sono in giro per l’Italia due opere “porno soft”. La prima è “Powder her face”, composta quando Thomas Adès aveva meno di 25 anni, da tempo un grande successo, itinerante da teatro a teatro. Applaudita a Roma nel 2002, si è appena vista a Bologna e a Lugo di Romagna.
È un’opera da camera di impianto fortemente erotico; la “fellatio aria” che occupa quasi tutta la terza scena del primo atto è il pezzo più famoso. In due atti e otto scene, con un piccolo organico (17 elementi), quattro voci in vari ruoli e un allestimento scenico essenziale, si basa sulle reali vicende della Duchessa di Argyll e dei suoi 88 amanti. Raffinata la scrittura orchestrale, prevalentemente timbrica, a cui si dà risalto in virtuosi intermezzi; astute le parti vocali, con il declamato che si trasforma in arie pure di coloratura, duetti e pezzi concertati a quattro voci più che quartetti veri e propri. Il tutto velato da una buona dose d’ironia e di auto-ironia. Debutta domani a Roma, invece, (al teatro Olimpico) “For You” di Ian McEwan e Michael Berkeley il cui sottotitolo dovrebbe essere: “Sex, Please. We are British”, mutuato da una commedia inglese degli anni Settanta. McEwan è uno degli scrittori britannici di maggior successo e Berkeley il suo compositore preferito. La vicenda riguarda un ricco e famoso compositore e direttore d’orchestra sciupafemmine, pur se sempre innamorato della propria moglie, uccisa dalla sua ultima innamorata, la cameriera polacca. È opera concisa e arguta. McEwan infilza i protagonisti di questa storia d'umorismo nero col suo stile stringato: essenziali i sottotitoli, utilizzati anche nel Regno Unito. La tavolozza musicale è fatta di febbrile cromatismo, ostinati carichi di suspense e linee vocali violente ma cantabili. Semplice ma efficace l’allestimento di Pamela Hunter e Adreas Becker.
(Hans Sachs) 24 nov 2010 14:18
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1 commento:
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