E LE “TRIGRI” DIMENTICATE CRESCONO A TEMPO DI SAMBA
Giuseppe Pennisi
In Europa la pubblicistica pone da anni l’accento sull’Asia, ed in particolare su Cina ed India, come elemento che ha destabilizza l’equilibrio tra le “potenze” sulle due sponde dell’Atlantico nella gestione dell’economia mondiale – pure in materie che possono sembrare di ordinaria, e burocratica, amministrazione quali i seggi (ed i diritti di voto) in seno alle istituzione finanziarie (il Fondo monetario internazionale, Fmi, e la Banca mondiale, Bm. Si è finito con il trasmettere un’impressione errata all’opinione pubblica , che ha anche risvolti operativi come la comparativamente scarsa attenzione alla presenza italiana nel Banco Inter-Americano per lo Sviluppo. Occorre dare atto al Sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti ed al Vice Ministro per lo Sviluppo Economico Adolfo Urso di stare operando alacremente non solo per correggere l’impressione all’opinione pubblica ma soprattutto per aumentare il ruolo dell’Italia nell’area
In effetti il vero elemento nuovo dell’economia internazionale in questo primo scorcio di 21simo secolo è l’ascesa dell’America Latina .Dopo la grande crisi debitoria della fine degli Anni Ottanta, il continente ha sostanzialmente curato quello che , nel 1990, David Knox, (a lungo Vice Presidente per l’America Latina alla Bm) , nel libro Latin American Debt : Facing Facts (Oxford International Institute), indicava come la punta di un iceberg che esprimeva tutti i nodi di fondo dell’area: una delle regioni più industrializzate del mondo ma che non riesce ad esportare manufatti. L’iceberg era composto di tassi di cambio che non rappresentavano il valore internazionale delle divise (ed il fabbisogno di valuta estera dei rispettivi Paesi), tendenza inarrestabile a dilatare spesa pubblica e l’indebitamento, instabilità nei Governi e nella pubblica amministrazione (dove lo spoils system giungeva anche al livello di uscieri), corruzione diffusa, ineguaglianze sociali acute .
Da allora, grazie ad una serie di programmi di riassetto strutturale adottati dai Governi con il supporto delle istituzioni finanziarie internazionali, molto è cambiato. Guardiamo ai preconsuntivi per la crescita nel 2010 e le previsioni per quella nel 2011 quali elaborate dai 20 maggiori istituti econometrici internazionali (tutti privati, nessuno latino-americano) per Argentina, Brasile , Cile, Colombia e Messico. Per l’anno che sta svolgendo al termine, i preconsuntivi indicano tassi di crescita del Pil rispettivamente del 6.8% (Argentina), del 7,5% (Brasile), del 4,8% (Cile), e del 4,6% (Colombia e Messico). Per il prossimo, le previsioni sono di un rallentamento della crescita – 4% (Argentina), $,5% (Brasile), 4,4 % (Colombia), 3% (Messico) – in quasi tutti i Paesi presi in considerazione con la sola eccezione del Cile(5,7%). Si tratta, comunque, di tassi di crescita apprezzabili , soprattutto se si tiene conto che il continente è stato appena scalfito dalla crisi finanziaria ed economica che dal 2007 travaglia Stati Uniti ed Europa. Come evidenziato dai rapporti del Banco Interamericano per lo Sviluppo e dalla raccolta di saggi curata da , Joseph S. Tulchinand e da Allison M. Garland Social Development of Latin America: the Politics of Reform (Boulder), le privatizzazione e liberalizzazioni (uno dei motori principali dello sviluppo dopo la crisi debitoria di 23 anni fa) hanno permesso di meglio destinare risorse al sociale e di effettuare profonde riforme basate su tre punti: a) istruzione e formazione (oggi numerosi sistemi scolastici ed università dell’America Latina sono all’altezza di quelli del Nord America); b) assistenza a più poveri convogliando le risorse pubbliche tramite associazioni senza fini di lucro; c) riassetto dello stato sociale (previdenza, sanità) da modelli particolaristici-occupazionali (che tutelavano principalmente il ceto medio) a modelli universalistici.
Non mancano zone d’ombra (Venezuela, Ecuador). Allo sviluppo accelerato di alcuni Paesi hanno contribuito strategie (quali quelle della produzione di etanolo) che nel lungo periodo potranno produrre danni alla crescita dell’agricoltura alimentare ed all’ambiente. Nel complesso, il continente oggi è molto differente da quella tratteggiata, negli Anni Cinquanta, da film come Amanti Latini . Interessante notare che un film del 2009 The World’s Next Supermodel diretto dal regista olandese IJsbrand van Veelen , dopo un’analisi condotta come un processo in cui la giuria è composta da un panel internazionale e le “prove” sono documentari presentati da economisti e politologi delle rispettive regioni, scarta la Cina come “futura superpotenza” (alla pari od anche al posto degli Stati Uniti) e propone il Brasile. Non per nulla, nei corridoi della Washington –che- può, si dice Luis Lula sarebbe il prossimo Presidente della Bm quando il 30 giugno 2012 scade il mandato di Robert Zoellick. Per la prima volta, alla guida della maggiore istituzione finanziaria internazionale ci sarebbe un non-americano. Inizia un nuovo passo di danza: la samba.
Giuseppe Pennisi
In Europa la pubblicistica pone da anni l’accento sull’Asia, ed in particolare su Cina ed India, come elemento che ha destabilizza l’equilibrio tra le “potenze” sulle due sponde dell’Atlantico nella gestione dell’economia mondiale – pure in materie che possono sembrare di ordinaria, e burocratica, amministrazione quali i seggi (ed i diritti di voto) in seno alle istituzione finanziarie (il Fondo monetario internazionale, Fmi, e la Banca mondiale, Bm. Si è finito con il trasmettere un’impressione errata all’opinione pubblica , che ha anche risvolti operativi come la comparativamente scarsa attenzione alla presenza italiana nel Banco Inter-Americano per lo Sviluppo. Occorre dare atto al Sottosegretario agli Esteri Vincenzo Scotti ed al Vice Ministro per lo Sviluppo Economico Adolfo Urso di stare operando alacremente non solo per correggere l’impressione all’opinione pubblica ma soprattutto per aumentare il ruolo dell’Italia nell’area
In effetti il vero elemento nuovo dell’economia internazionale in questo primo scorcio di 21simo secolo è l’ascesa dell’America Latina .Dopo la grande crisi debitoria della fine degli Anni Ottanta, il continente ha sostanzialmente curato quello che , nel 1990, David Knox, (a lungo Vice Presidente per l’America Latina alla Bm) , nel libro Latin American Debt : Facing Facts (Oxford International Institute), indicava come la punta di un iceberg che esprimeva tutti i nodi di fondo dell’area: una delle regioni più industrializzate del mondo ma che non riesce ad esportare manufatti. L’iceberg era composto di tassi di cambio che non rappresentavano il valore internazionale delle divise (ed il fabbisogno di valuta estera dei rispettivi Paesi), tendenza inarrestabile a dilatare spesa pubblica e l’indebitamento, instabilità nei Governi e nella pubblica amministrazione (dove lo spoils system giungeva anche al livello di uscieri), corruzione diffusa, ineguaglianze sociali acute .
Da allora, grazie ad una serie di programmi di riassetto strutturale adottati dai Governi con il supporto delle istituzioni finanziarie internazionali, molto è cambiato. Guardiamo ai preconsuntivi per la crescita nel 2010 e le previsioni per quella nel 2011 quali elaborate dai 20 maggiori istituti econometrici internazionali (tutti privati, nessuno latino-americano) per Argentina, Brasile , Cile, Colombia e Messico. Per l’anno che sta svolgendo al termine, i preconsuntivi indicano tassi di crescita del Pil rispettivamente del 6.8% (Argentina), del 7,5% (Brasile), del 4,8% (Cile), e del 4,6% (Colombia e Messico). Per il prossimo, le previsioni sono di un rallentamento della crescita – 4% (Argentina), $,5% (Brasile), 4,4 % (Colombia), 3% (Messico) – in quasi tutti i Paesi presi in considerazione con la sola eccezione del Cile(5,7%). Si tratta, comunque, di tassi di crescita apprezzabili , soprattutto se si tiene conto che il continente è stato appena scalfito dalla crisi finanziaria ed economica che dal 2007 travaglia Stati Uniti ed Europa. Come evidenziato dai rapporti del Banco Interamericano per lo Sviluppo e dalla raccolta di saggi curata da , Joseph S. Tulchinand e da Allison M. Garland Social Development of Latin America: the Politics of Reform (Boulder), le privatizzazione e liberalizzazioni (uno dei motori principali dello sviluppo dopo la crisi debitoria di 23 anni fa) hanno permesso di meglio destinare risorse al sociale e di effettuare profonde riforme basate su tre punti: a) istruzione e formazione (oggi numerosi sistemi scolastici ed università dell’America Latina sono all’altezza di quelli del Nord America); b) assistenza a più poveri convogliando le risorse pubbliche tramite associazioni senza fini di lucro; c) riassetto dello stato sociale (previdenza, sanità) da modelli particolaristici-occupazionali (che tutelavano principalmente il ceto medio) a modelli universalistici.
Non mancano zone d’ombra (Venezuela, Ecuador). Allo sviluppo accelerato di alcuni Paesi hanno contribuito strategie (quali quelle della produzione di etanolo) che nel lungo periodo potranno produrre danni alla crescita dell’agricoltura alimentare ed all’ambiente. Nel complesso, il continente oggi è molto differente da quella tratteggiata, negli Anni Cinquanta, da film come Amanti Latini . Interessante notare che un film del 2009 The World’s Next Supermodel diretto dal regista olandese IJsbrand van Veelen , dopo un’analisi condotta come un processo in cui la giuria è composta da un panel internazionale e le “prove” sono documentari presentati da economisti e politologi delle rispettive regioni, scarta la Cina come “futura superpotenza” (alla pari od anche al posto degli Stati Uniti) e propone il Brasile. Non per nulla, nei corridoi della Washington –che- può, si dice Luis Lula sarebbe il prossimo Presidente della Bm quando il 30 giugno 2012 scade il mandato di Robert Zoellick. Per la prima volta, alla guida della maggiore istituzione finanziaria internazionale ci sarebbe un non-americano. Inizia un nuovo passo di danza: la samba.
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