IL RISCHIO PER L’EUROPA? IMPORTARE INFLAZIONE
Giuseppe Pennisi
Le misure di “quantitative easing” che la Federal Reserve Usa ha deciso di attuare, strizzano l’occhio all’Europa : il programma include, infatti, acquisti alla grande di titoli di stato greci, italiani, portoghesi e spagnoli che potranno avere un effetto positivo sul servizio del debito pubblico di Paesi con i rapporti più elevati tra stock di debito e Pil. E’ uno “zuccherino” – si dice al Cosmos Club sulla Massachusset Avenue di Washington, storico luogo di incontri mattutini , il mercoledì alle 7,30, tra il Segretario al Tesoro, il Presidente della Federal Reserve ed il Presidente del Comitato dei Consiglieri Economici della Casa Bianca. Infatti, ci sono differenze d’opinione marcate sugli effetti che le misure avranno sull’economia interna degli Stati Uniti ma è altamente probabile che avranno impatti inflazionistici sul’ Europa. Ciò avvenne nel 1973-79 . Oggi la situazione è ancora più complicata: da un canto, infatti, il deprezzamento del dollaro americano sui mercati mondiali comporta un flusso d’importazioni (il disavanzo della bilancia commerciale Usa si aggira sui 700 miliardi di dollari) che, con la concorrenza dall’estero, fa da calmiere alle spinte inflazionistiche nel mercato interno Usa ; da un altro, la Bce è obbligata dai suoi propri statuti ad alzare la guardia appena il tasso annuo armonizzato di aumento dei prezzi al consumo sfiora il 2% l’anno. Inoltre, una strategia monetaria “strabica” nelle due sponde dell’Atlantico rischia di mettere in atto un vero e proprio circolo vizioso, aggravando il deprezzamento del dollaro, principalmente rispetto all’euro.
Oggi l’inflazione non è il problema centrale dell’area dell’euro. La crescita è il tema prioritario: ad un aumento annuo del Pil dell’1,5 per cento nei preconsuntivi 2010, i 20 maggiori istituti internazionali di analisi previsionale giustappongono , a politiche economiche immutate, un incremento dell’1,3 per cento nel 2011 ed uno dell’1,1% nel 2012. Gli economisti, però, tendono ad essere miopi ed a proiettare nel futuro il passato recente : mentre nel novembre 2009 il tasso annuo d’aumento armonizzato dei prezzi al consumo nell’area dell’euro era lo 0,3 per cento all’ultima conta (settembre) segnava l’1,8 per cento. Basta una piccola dose d’inflazione importata per superare quel vincolo-obiettivo del 2 per cento l’anno ed imporre alla Bce strategie che potrebbero avere effetti negativi sull’andamento dell’economia reale, con ulteriori pesanti risvolti sull’occupazione.
Come predisporre misure di difesa nell’eventualità che si concretizzasse questo scenario? Ai vincoli-obiettivi Bce corrispondono quelli del reinterpretato “patto di crescita e di stabilità” e la priorità al controllo del disavanzo annuo di bilancio ed allo smaltimento del debito pubblico. La strada è stretta (ed in salita). C’è una strategia possibile: utilizzare la terza leva della politica economica (quale insegnata nei manuali universitari)- la politica dei prezzi e dei redditi. Senza tornare necessariamente a concertazioni a 360 gradi , ma ad accordi mirati a contenere l’inflazione d’importazione e rilanciare, al tempo stesso, produttività e competitività. Difficile, ove non illusorio, pensare ad una strategia europea nel quadro del Consiglio Economico e Sociale dell’Ue. Si possono, invece, prevedere concertazioni mirate nazionali (ogni Paese ha i suoi problemi di crescita, competitività e inflazione) coordinate, se del caso, nel quadro della “cooperazione rafforzata”.
BOX
COSA E’ IL “QUANTITATIVE EASING”
Il termine quantitative easing viene tradotto, nei manuali universitari, alleggerimento quantitativo . Indica la creazione di moneta da parte della banca centrale e la sua iniezione,tramite operazioni di mercato aperto, nel sistema finanziario ed economico. In pratica, l’istituto di emissione aumenta la base monetaria attraverso la stampa (o l'immissione in forma elettronica) di nuova moneta. In genere le banche centrali promuovono (o scoraggiano) la creazione di offerta di moneta tramite tassi di interesse più bassi (più alti). Tali politiche sono considerate “convenzionali” rispetto al quantitative easing che è la forma di politica monetaria più aggressiva, e caratterizzata da possibili effetti collaterali (specialmente in materia di prezzi), è stata utilizzata dalla Bank of Japan per contrastare la deflazione che ha colpito il Sol Levante per almeno 15 anni.. Di recente, la Federal Reserve americana e la Bank of England hanno utilizzato tale politica per facilitare salvataggi bancari.
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