inscena
Un Elisir innovativo che rispetta la tradizione
di Giuseppe Pennisi
Elisir d'Amore, la delicata commedia in musica di Franco Romani e Gaetano Donizetti, è stata spesso ambientata in agriturismi, pizzerie e anche postriboli. Il primo merito dell'allestimento in scena a La Fenice di Venezia fino al 10 novembre (e successivamente in altre piazze) è la regia di Beppe Morassi.
La sua lettura, affiancata alle scene e ai costumi di Gian Maurizio Fercioni segue, per molti punti di vista, la tradizione: fondali dipinti, teatro-nel-teatro, colori sfumati (non è una farsa, ma un dramma giocoso con punti di riflessione molto profondi). La recitazione è moderna-veloce, densa di ammiccamenti ma senza scivolare mai nel comico. Morassi condivide oneri e onori dello spettacolo con un giovane maestro concertatore, Matteo Beltrami, che si sta facendo le ossa anche all'estero (Dresda, San Pietroburgo). Il maestro merita di essere seguito con attenzione perché è una vera promessa per il teatro musicale italiano. L'Elisir richiede quattro cantanti-attori di classe per rendere credibile la vicenda del giovanotto povero che tenta di fare innamorare una bella possidente grazie a un filtro magico. La vera scoperta è Celso Albelo, nel ruolo che fu il preferito da Pavarotti. Desirée Rancatore conferma le sue doti: deve restare in questo repertorio per evitare il rischio di rovinarsi lo strumento vocale. Di livello Roberto De Candia e Bruno De Simone, impegnati in parti di cui sono veterani. (riproduzione riservata)
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