sabato 2 ottobre 2010

Rimettiamo il lavoro al centro della politica Ffwebmagazine 2 ottobre

L'ANALISI


Serve un fondo investimenti contro la disoccupazione
Rimettiamo il lavoro
al centro della politica
di Giuseppe Pennisi Definite le grandi linee di un’azione di governo per i prossimi tre anni, con l’approvazione delle mozioni di fiducia sia alla Camera sia al Senato, è essenziale individuare un punto centrale che sia da fulcro alla politica economica. Ciò non significa dare meno importanza (di quella che merita) al riequilibro della finanza pubblica e alla riduzione del debito pubblico che si sta perseguendo con coraggio da alcuni anni non tanto su richiesta dell’Unione Europea e dei mercati internazionali ma perché senza conti pubblici sani non si potrebbero utilizzare le altre leve della politica economica. In effetti, come si studiava un tempo, la solidità dei conti pubblici non è un obiettivo in sé ma la cornice della politica economica e strumento servente (nobilmente servente) altri obiettivi di sviluppo.
A mio avviso, l’occupazione e il lavoro devono essere l’obiettivo principale, quindi, il fulcro. I preoccupanti dati Istat relativi alla più recente indagine trimestrale sulle forze di lavoro sono il presagio di una jobless growth, crescita senza aumento dei posti di lavoro, analoga a quella che si ebbe dopo la crisi della fine anni Settanta-inizio anni Ottanta (che pochi, però, ricordano). L’attività nell’industria è bassa. Stagnante nei servizi. La domanda di lavoro è debole. Calano la Cassa integrazione ordinaria e straordinaria ma aumenta quella in deroga. I disoccupati di lungo periodo (ossia con almeno sei mesi di ricerca senza esiti di un lavoro) sfiorano il 6% della forza lavoro. All’orizzonte non si vedono miglioramento.

Sotto il profilo macro-economico le stime diramate il primo ottobre dai 20 maggiori istituti econometrici internazionali (tutti privati, nessuno italiano) mostrano un aumento del tasso di disoccupazione in tutta l’area dell’euro, e quindi anche in Italia, con l’eccezione della Germania. Dati micro-economici evidenziano che orari più lungi necessari per il rilancio della produttività che ristagna da un decennio) spiazzano la ripresa dell’occupazione, che in alcuni settori (estrazione minerali, agricoltura, chimica, editoria, tessili), il fenomeno è strutturale - non solo di breve e medio periodo. Il nostro Clup (Costo del lavoro per unità di prodotto) è ancora alto nell’area dell’euro. La diseguaglianza resta elevata: in termini di indice di Gini, siamo al 13 posto (ossia tra gli ultimi) tra i 16 maggiori Paesi Ocse.
È essenziale un aggiornamento del Libro Bianco del 2009 alla luce della nuova situazione. Nel contempo si possono fare due suggerimenti. Il primo è che una volta concentrati in un’unica cabina di regia i finanziamenti Ue per il Sud (anche per vederli dirottare verso altri Stati dell’Unione), occorre creare strumenti come il Fondo investimenti e occupazione e il Fondo per il rientro dalla disoccupazione degli anni Ottanta (mirati a combattere la jobless growth di allora) utilizzando le risorse che si annidano nelle “contabilità speciali” di ministeri dalla limitata capacità di spesa. Il secondo è che occorre operare per una contrattazione collettiva nazionale a maglie larghe, evitando la frammentazione e segmentazione in tanti piccoli contratti, al fine sia di dare maggiore spazio alla contrattazione integrativa che premi merito e produttività, sia di porre le basi per essere protagonisti non comprimari nella contrattazione collettiva europea.

2 ottobre 2010

Nessun commento: