giovedì 7 ottobre 2010

LA RIPRESA ASIMMETRICA Formiche settembre

LA RIPRESA ASIMMETRICA
Giuseppe Pennisi
La ripresa dell’attività politica in autunno è come sempre momento di riflessione, di bilanci e di prospettive. Prima delle vacanze, il G20 si è impegnato al dimezzamento dei disavanzi di bilancio entro il 2013. Gli interventi sui mercati (specialmente per il salvataggio d’istituti finanziari colpiti dalla crisi iniziata nel 2007) hanno provocato un vero e proprio Himalya e dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni e dello stock di debito. Come sottolineato, in questa rubrica, alcuni mesi fa, ci sono due strade divergenti per uscire da questa situazione: un aumento dell’inflazione od una deflazione. Ambedue hanno costi: la prima penalizza i ceti più deboli, la secondo minaccia di scivolare in una nuova recessione. In seguito al timore ed al timore che i titoli pubblici di alcuni Paesi (Grecia, Portogallo, Spagna) non riuscissero a sostenere le pressioni dei mercati (e che la stessa unione monetaria andasse a gambe all’aria), i Paesi dell’Eurozona (e la Gran Bretagna) hanno deciso di adottare misure suppletive di bilancio al fine di ridurre e indebitamento e debito.
Le previsioni dei 20 istituti econometrici internazionali privati, che costituiscono il “gruppo del consenus”, riflettono questo andamento: crescita sostenuta negli Usa ( il 3,3% nel 2010 ed il 3% nel 2011) e in Paesi emergenti come India e Cina (rispettivamente 7,8% e 8% la prima e 9,9% e 8,2% la seconda), ma piatta nell’area dell’euro (1,1% e 1,3% nei due anni presi in considerazione). In breve una ripresa (dalla crisi asimmetrica). Delicatissima la situazione dell’Italia, anche a ragione di nodi strutturali e de dualismo tra Centro-Nord e Mezzogiorno. Le stime dello stesso Ministero dell’Economia , nonché dei maggiori istituti d’analisi quantitiva, prevedon una contrazione dell’occupazione (e, quindi, un aumento di coloro che cercano lavoro senza trovarlo) sino al 2014 e, quindi, una riduzione di salari medi e di consumi. Due determinanti frenano l’Ue: la struttura demografica (e le implicazioni dell’invecchiamento sulla produttività) e gli statuti che limitano al 2% l’anno il tasso d’aumento dei prezzi al consumo ammissibili prima d’interventi diretti a restringere l’offerta monetaria . Inoltre un lavoro del Gruppo Bruegel (uno dei più stimati osservatori dell’economia europea) documenta che sino a quando l’economia e la finanza internazionale saranno dominati dal profondo rosso dei conti con l’estero Usa (420 miliardi di dollari negli ultimi 12 mesi) in gran parte saldati con acquisto di titoli americani da parte della Cina (un saldo attivo di 282 miliardi di dollari nello stesso arco di tempo), l’Europa appare condannata ad essere il vaso di coccio a crescita bassa. Lo è, però, ancora di più se si presenta (come ha fatto al G20 di Toronto) con posizioni solo formalmente unitarie, ma disunita (anzi, ai ferri corti tra Stati dell’Eurozona) su questioni cruciali (quali la riorganizzazione del Fondo monetario internazionale). Ciò vuole dire che i mercati saranno caratterizzati da una notevole volatilità in quanto Usa e Ue marceranno a ritmi differenti. In aggiunta, è in atto una vera e propria corsa all’acquisto di materie prime nell’aspettativa (che potrebbe essere delusa) di una nuova ripresa dell’economia mondiale (lo afferma anche un recente rapporto Ocse).
In che misura l’annuncio di una maggiore flessibilità del cambio dello yaun potrà contribuire alla crescita. Mark Shiao dell’Università di avverte che non dobbiamo nutrire eccessive illusioni. il sistema di controllo dei cambi è molto complesso, in rapida evoluzione e di difficile comprensione ad europei ed americani. In breve, un cambio più flessibile, o pure anche una svalutazione, possono essere agevolmente neutralizzati ritoccando le regolazione interne. Lo sostengono, in un saggio in “The World Economy”, Ronald Mckinnon dell’Università di Stanford e Gunther Schanabl di quella di Lipsia. Più significativamente, la ripresa mondiale richiede che l’Impero di Mezzo cresca all’8% l’anno ed una rivalutazione significativa provocherebbe un rallento della crescita cinese e, con esso di quella mondiale.

Per saperne di più
Stephen Cecchetti, Maddhusadns Mohantly, Fabrizio Zampolli The Future of Public Debt: Prospects and Implications BIS Working Paper n. 300

CEPS Task Force Reports, Restoring Investors’ Confidence in European Capital Markets Center for European Policy Studies March 2010
Mark Shiao "Financial Regulation of Derivatives, Trust and Securitisation in China" Carswell Thomson Rueter , London

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