giovedì 28 ottobre 2010

Come dare la scossa Ffwebnagazine 28 ottobre

A Venezia un'iniziativa da seguire con attenzione
Come dare la scossa
all'Italia che non cresce
di Giuseppe Pennisi
Il risveglio del 27 ottobre è stato accompagnato da una serie di dati inquietanti sulla “ripresina” in atto. Il Fondo monetario avverte che quest’anno nell’area dell’euro la crescita sarà appena dell’1,7 – dopo la contrazione del 4,1% nel 2009. Non solo, ma sempre secondo il Fondo, su 180 paesi, l’Italia è stata la penultima (prima di Haiti) in termini di tasso di crescita tra il 1999 ed il 2009.

Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la cifra di disoccupati mondiali è cresciuta di 30 milioni; nei prossimi dieci anni l’economia mondiale dovrebbe generare 440 milioni di nuovi posti di lavoro unicamente per assorbire i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro. In questo quadro, l’Italia espone una crescita appena dell’1%, e un aumento del tasso di disoccupazione che si accinge ad arrivare al 10%. I dati della regione-chiave, la Lombardia, indicano che nel terzo trimestre c’è stato un rallentamento dell’attività industriale e un calo dell’occupazione.

Cosa fare? Un’analisi interessante di 15 anni di stagnazione dell’economia italiana viene offerta da due giovani dell’Università di Bologna , Renzo Orsi e Francesco Turino nel Quaderno DSE No 707 della Facoltà. Utilizzando una strumentazione econometrica, l’analisi individua le determinanti della crescita rasoterra o sottozero nell’inefficienza della pubblica amministrazione e del sistema produttivo, nonché in una serie di politiche restrittive. Senza i provvedimenti che hanno reso più flessibile il mercato del lavoro (“pacchetto Treu”, “legge Biagi”), l’esito sarebbe stato ancora peggiore in termini non solo di disoccupazione ma di rallentamento del reddito pro-capite. Lo studio non presenta quali dovrebbero essere le politiche di crescita. Non era, d’altronde, il suo scopo.

È il tema centrale, invece, della conferenza internazionale che la Cassa Depositi e Prestiti ospita a Venezia il 28 e il 29 ottobre. Vi partecipano non solo le maggiori organizzazioni internazionali (Fondo monetario, Banca mondiale, Ocse, Bei, Commissione Europei) ma anche i 14 soci del Long Term Investiments Club – un’associazione nata due anni fa tra investitori (come i “fondi sovrani”) che mirano ad investimenti di lungo periodo nelle infrastrutture, nelle reti, in capitale umano a rendimento economico e sociale elevato anche se differito nel tempo.

È una “politica dell’offerta” intelligente, pienamente rispettosa dei vincoli di finanza pubblica. Nella fase di cantiere l’investimento a lungo termine attiva capacità di produzione non utilizzata (in Italia ce n’è tanta) . A regime, l’investimento nei settori indicati aumenta la produttività, il cui declino è una delle componenti cruciali della stagnazione italiana. L’iniziativa e i suoi sviluppi meritano di essere seguiti con attenzione.


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