mercoledì 27 ottobre 2010

Se Bondi vuole salvare la lirica, corra a Firenze a vedere e ascoltare “Pollicino” di Hans Werner Henze Il Foglio 27 ottobre

Se Bondi vuole salvare la lirica, corra a Firenze a vedere e ascoltare “Pollicino” di Hans Werner Henze
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Se il ministro Sandro Bondi vuole davvero salvare l’opera lirica, il primo passo non consiste necessariamente nel chiedere al collega titolare dell’Economia e delle Finanze, Giulio Tremonti, una esenzione dai “tagli” inferti a tutti i dicasteri. Meglio correre – se del caso in compagnia del titolare della borsa della finanza pubblica – a Firenze per una delle repliche di “Pollicino” di Hans Werner Henze (in scena sino al 29 ottobre), scegliendo, preferibilmente, una di mattina alle 10.
Troverà il teatro pieno di ragazzi (dai bambini delle elementari agli adolescenti delle superiori) e, tra loro, qualche adulto (che giovane è rimasto nel cuore) – annidato nelle poltrone laterali, per non dare nell’occhio. Per poco più di un’ora e mezza, senza intervallo, li vedrà seguire entusiasti una favola (il libretto è di Giuseppe Di Leva) che è anche un’allegoria – della vita e, quindi, della politica. Ascolterà una partitura che è un corso intensivo di musica: riesce a fondere (con una piccola orchestra, 14 giovanissimi cantanti-attori, un baritono, un soprano , un mezzo soprano e qualche comprimario) Scarlatti con echi dodecafonici, con due canzoni popolari e con alcune citazioni dal “Rigoletto”. Scene a basso costo, un minimo di proiezioni negli interludi ed un abile regia fanno il resto. La direzione musicale è di Francesco Bonnin, l’allestimento di Italo Grassi, la regia di Dieter Kaegi.
“Pollicino”, tratta da fiabe di Collodi, Grimm e Perrault, è un’opera per bambini, genere sparito in Italia, mentre negli Stati Uniti ed in Germania i teatri mettono spesso in scena non solo questa – è l’opera di Henze più rappresentata al mondo – ma anche “Hansel and Gretel” di Humperdinck, “Hans Hailing” di Marschner e “Amahl and the Night Visitors” e “Help, Help, the Globolinks” , ambedue di Giancarlo Menotti (la seconda è in cartellone al Massimo di Palermo nel 2011), nonché tanti altri titoli scritti per il pubblico giovane o adattati a questo scopo.
Se non si scopre da giovani la magia del teatro in musica, i teatri assomiglieranno sempre più a Cral per pensionati a reddito medio-alto, e i manager di banche ed imprese si domanderanno perché finanziare l’intrattenimento di chi ormai pensa più all’altro mondo che a questo. Non è, però, solo divertimento per bambini ed adolescenti. “Pollicino” è anche una storia di maturazione e di crescita verso la vita (come un “bildungsroman” della tradizione tedesca) . E’ soprattutto un raffinato apologo del cambiamento di classe dirigente quando la precedente (i genitori di Pollicino e dei suoi fratelli, il “sindacato” – sic! – degli orchi) ha esaurito il proprio compito.
I ragazzi recitano, cantano e fanno musica – producono ed odono suoni con i quali più tardi s’incontreranno nelle sale di concerto e nei teatri d’opera. Per questo la partitura è densa di citazioni, dal Settecento alle tecniche del nostro tempo. Per questo prevede anche un pianoforte ed un violino solisti (che facciano annusare la cameristica ai giovani spettatori). Per questo la fisarmonica melanconica accompagna il mondo degli adulti (la classe dirigente del passato), i flauti dolci rappresentando l’animo dei ragazzi, mentre il violoncello ed il contrabbasso, unitamente alle percussioni, il loro maturare sino a varcare il guado di un fiume e (sono in sette) avere, su un prato, la prima esperienza con sette coetanee. Facendo musica e cantando, la accettano come parte della nostra realtà. Da giovani e per tutta la vita.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Giuseppe Pennisi
Categorie articolo: Cultura / Politica it

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