Karin Tilmans, Frank Van Vree, Jay Winter (a cura di)
Performing the past.Memory, History and Identity in Modern Europe
368 pp Amsterdam University Press, Londra 2010 27 euro
Questo libro è stato concepito a una conferenza scientifica sul tema Theatres of Memory . A Conference on Historical Culture (Il Teatro della Memoria. Una conferenza sulla cultura storica) La sua preparazione ha richiesto circa cinque anni, la collaborazione tra tre differenti istituzioni accademiche negli Stati Uniti ed in Europa . Il volume include 15 saggi di 16 autori: è composto di un’introduzione (“Il quadro di riferimento) e tre parti (“”La svolta della rappresentazione”, “I media e le arti”, “Identità, politica e la rappresentazione della storia”). Karin Tilmans è coordinatore di due programmi di dottorato di storia europea all’Istituto Universitario Europeo a Fiesole Frank van Vree insegna storia del giornalismo alla Universiteit van Amsterdam. Jay Winter is the Charles J. Stille è professore di storia alla Yale University.
Performing the Past è un’analisi delle molteplici prassi culturali e sociali, tramite le quali gli europei hanno negoziato (tra di loro) un’area, tra le loro storie nazionali e la loro memoria negli ultimi duecento anno, che ambirebbe essere comune e condivisa. Nei musei, nei teatri di prosa e d’opera, nella sale da concerto, nei cinema, navigando su Internet, i racconti del passato relativamente recente viaggiano a grande velocità. La rappresentazione del passato è diventata un settore fiorente nell’editoria, nel cinema, nel teatro, alla televisione. I 15 saggi, basati su tradizioni disciplinari differenti e su percorsi culturali anch’essi differenti, documentano ed analizzano i modi in cui gli europei “rappresentano il passato” per scoprire chi sono e, soprattutto, dove stanno andando.
Il tema centrale è se ed in che modo la “memoria rappresentata” (in libri di testo per le scuole, romanzi, drammi, musica, cinema, inchieste e rievocazioni giornalistiche) contribuisce alla formazione di una “memoria collettiva”, essenziale, a sua volta, ad un’”identità collettiva europea. I casi di studio vanno dal trattamento della memoria nel Zauberflöte (Il Flauto Magico) di Mozart a rievocazioni del passato prossimo nella Repubblica Cèca ed in Polonia dopo il 1989 , dai ricordi dell’Olocausto a come i lettori di romanzi storici ne filtrano vicende e contesto attraverso il loro quadro politico-sociale di riferimento.
La conclusione è che una “memoria collettiva europea”, e, quindi “un’identità europea”, è ancora distante da potersi considerare realtà. Tra i documenti portati a supporto di questa ipotesi, eloquente è un’analisi di come i libri di storia italiani, francesi e tedeschi rappresentano gli ultimi due secoli e le loro differenze nello spiegare, alle future generazioni, le ragioni a favore dell’integrazione europea. Gli europei hanno ricordi collettivi (che assaporano con ottiche diverse e differenti). Questo è forse, il primo stadio d’un percorso molto lungo verso un’identità comune e condivisa. Un libro stimolante anche e soprattutto per mettere in un contesto più appropriato molto europeismo da salotto.
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