FINANZA E GOVERNO/ I numeri
che aiutano la scelta di Mattarella
Oggi
Mattarella ha in programma un nuovo e rapido giro di consultazioni. Dalla
situazione economica può trarre alcune conclusioni importanti, dice GIUSEPPE
PENNISI 07 maggio 2018 Giuseppe Pennisi
LaPresse
In primavera
è tempo di consuntivi. E anche di preventivi. Nelle ultime settimane sono stati
presentati in più occasioni (eccellente quella sintetica e tagliente illustrata
al convegno annuale della Rivista di Studi Politici Internazionale tenutosi il
2 maggio nella Sala della Regina della Camera dei deputati) raffronti sulla
faticosa uscita dalla crisi iniziata nel 2008 dai principali Paesi dell'Unione
europea. Escludendo la Grecia (sul cui ingresso nell'eurozona erano stati
espressi molti dubbi anche all'interno delle istituzioni europee), l'Italia è
l'ultima in classifica: siamo ancora lontani dal tornare al Pil raggiunto
ante-crisi, in termini di reddito più capite ci ha superato la Spagna (e
rischiamo anche il sorpasso del Portogallo), i tassi di disoccupazione
permangono elevatissimi e via discorrendo.
Il 4 maggio,
la Commissione europea ha illustrato le previsioni dei propri uffici per il
2018 (già arrivato quasi a metà anno) e il 2019. In estrema sintesi, si stima
un rallentamento della già debole crescita del Pil: dall'1,5% (media eurozona
2,3%) all'1,2% (media eurozona 2%). Nell'illustrarle, il Commissario europeo
preposto agli affari economici e monetari ha lapidariamente detto che l'Italia
non fatto nulla per ridurre il disavanzo strutturale dei conti pubblici. Il
ministero dell'Economia e delle Finanze del nostro Paese ha controbattuto che
"la contabilità economica definitiva, disponibile nella primavera 2019,
mostrerà un andamento in linea con le regole europee". Una frase, dunque,
che potrà essere aperta a diverse interpretazioni e che comunque dovrà essere
confermata o smentita da un Governo differente da quello oggi in carica per l'ordinaria
amministrazione.
Questi dati
di cronaca economica sono eloquenti in materia di nodo di fondo dell'Italia:
nell'ultima legislatura non c'è stata politica economica. Non si può chiamare
tale, infatti, un'azione politica che ha avuto come obiettivo principale quello
di ottenere flessibilità nei conti pubblici da disperdere a pioggia in
regalie (dagli 80 euro alle assunzioni a pioggia nella Pubblica amministrazione
di centomila precari) riducendo, nel contempo, al minimo storico gli
investimenti pubblici. C'è stata - ha detto un noto economista - un'alleanza
tra il partito delle rendite (si pensi, tra i tanti esempi, al caso non ancora
risolto delle informazioni sulle banche popolari) e il partito delle mance che
ha schiacciato i ceti che lavorano e che producono.
Per questa
ragione di fondo, è estremamente preoccupante che a oltre due mesi dalle
elezioni del 4 marzo si navighi nel buio più profondo in materia di formazione
di un Governo che dia una politica efficace a questo Paese. Come
sottolineato su questa testata, il Governo Gentiloni in carica per l'ordinaria
amministrazione ha presentato un "Def senza qualità" privo di
contenuti di politica economica anche se prima dell'ormai imminente estate
occorre effettuare una "manovra di aggiustamento" di almeno 5-8
miliardi per il 2018 e si devono disinnescare le clausole di salvaguardia (12,4
miliardi per il 2019 e 19,1 per il 2020); è necessario, poi, trovare "per
spese indifferibili" (si legga finanziamenti a Inps, Anas, missioni
internazionali e simili) 16-17 miliardi. Ciò richiede una politica di finanza
pubblica che può trovarsi solamente nell'ambito di una politica economica con
obiettivi chiari e condivisi e strumenti anche essi chiari e condivisi.
Possibile unicamente con un Governo nel pieno delle sue funzioni e con forte
supporto parlamentare.
In questa
politica economica deve, naturalmente, avere spazio anche l'azione
internazionale. Da mesi, l'Italia è quasi sparita dai tavoli che più contano.
Per non citare che i più importanti: quello del negoziato commerciale con gli
Usa per evitare misure protezionistiche che ci danneggerebbero gravemente -
conducono il gioco Francia, Germania e Gran Bretagna -; quello della riforma
della governance dell'eurozona - c'è una proposta di matrice
franco-tedesca osteggiata dal "gruppo degli otto Stati nordici". Nel
contempo, un sottosegretario uscente si balocca con un ipotetico "Trattato
dell'Eliseo".
Oggi 7
maggio, il Presidente della Repubblica ha in programma un ultimo rapido giro di
consultazioni al termine del quale dovrebbe dare un incarico a formare un Governo.
La situazione economica chiaramente afferma che non si dovrà cercare un
Esecutivo di breve periodo che prenda i provvedimenti essenziali e cerchi
consenso perché il Parlamento produca una nuova legge elettorale per tornare
tra pochi mesi alle urne. Tra un anno l'Italia di accusare ferite ancora
peggiori di quelle di oggi.
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