MAGGIO MUSICALE FIORENTINO/
Con "Cardillac" il festival torna ai suoi antichi fasti
Il 5 maggio
è stato inaugurato l’LXXXI Festival del Maggio Musicale Fiorentino con un nuovo
allestimento di Cardillac di Paul Hindemith. GIUSEPPE PENNISI 08
maggio 2018 Giuseppe Pennisi
L'inaugurazione della nuova edizione del Maggio
Musicale Fiorentino
Il 5 maggio
è stato inaugurato l’LXXXI Festival del Maggio Musicale Fiorentino con un nuovo
allestimento di Cardillac di Paul Hindemith, che mancava da Firenze dal
1991. Che io ricordi – dopo la prima italiana a Venezia nel 1948 (il lavoro
esordì a Dresda nel 1926) l’opera è stata rappresentata in Italia solamente a
Milano ed a Genova nell’ultimo quarto di secolo, mentre è di repertorio in
Europa centrale ed è spesso messa in scena anche negli Stati Uniti.
Questo
Maggio Fiorentino, che prende l’avvio con un lavoro raro e prezioso, promette
di essere quello della svolta dopo anni di difficoltà: sei nuovi allestimenti
di opere, tra cui un debutto mondiale, una prima esecuzione in tempi moderni,
un’esecuzione in forma di concerto (diretta da Riccardo Muti) per ricordare il
cinquantesimo anniversario dell’inizio del suo lavoro al Maggio, una vasta
serie di cicli di concerti a Firenze ed estensione delle iniziative in tutta
l’area metropolitana nel Chianti, nella cintura fiorentina, nell’Empolese, nel
Mugello, nel Valdarno.
Cardillac è un lavoro di cui Hindemith
(appena trentunenne) compose due differenti edizioni, una per Dresda nel 1926
ed una per Zurigo del 1952; stava lavorando ad un terza quando, nel 1963,
sopraggiunse la morte. Ciò è una certa indicazione del valore che questa opera
aveva per Hindemith sia sotto il significato filosofico che sotto quello
estetico.
Tratta da un
romanzo del lontano 1819 ambientato a Parigi nell’epoca del Re Sole,
apparentemente, è la storia di un’ossessione, quella di un artista incapace di
staccarsi dalle proprie creazioni arrivando all’emarginazione, all’omicidio e
al linciaggio da parte del popolo. C’è una buona dose di grand guignol e di
omicidi seriali sin dalla prima scena. In effetti, la truculenta vicenda è una
parabola sui rapporti di un artista con le proprie creazioni: può un
artista separarsi mai dalle proprie opere? L’orefice Cardillac (unico
personaggio che ha un nome, gli altri sono indicati con stereotipi di
personaggi, ‘la figlia’, l’ 'ufficiale’, 'il venditore di oro’, ‘la dama’, ‘il
cavaliere’) produce gioielli meravigliosi per venderli, ma considerandoli il
prodotto della ‘sua arte’ non può non uccidere l’acquirente per
riappropriarsene. I tre atti hanno l’andamento di un ‘thriller’ per giungere
alla scoperta dell’assassino seriale. Il vero deuteragonista di Cardillac è il
coro che rappresenta, al tempo stesso, la folla di Parigi ed il pubblico del
teatro.
La regia di
Valerio Binasco, le scene di Guido Fiorato, i costumi di Gianluca Falaschi e le
luci di Pasquale Mari situano l’azione in un contesto atemporale, ma tale dal
ricordare il cinema dell’espressionismo tedesco con le sue atmosfere cupe
e tenebrose come in Das Cabinet des Dr. Caligari di Robert Wiene. Ciò,
da un lato richiama l’epoca in cui l’opera venne concepita, composta e messa
per la prima in scena, ma da un altro sottolinea, per chi è del mestiere, anche
come Cardillac è l’opera con cui Hindemith lascia l’espressionismo
musicate alla ricerca di una ‘musica oggettiva’ che si sottrae proprio dal
soggettivismo tipico dell’espressionismo.
E’ un lavoro
‘a numeri chiusi’, ben diciotto, con una scrittura orchestrale in cui dominano
archi e fiati e che respinge sia il post-wagnerismo sia la dodecafonia, che
allora stava cominciando a prendere piede. La ‘musica oggettiva’ si
richiama a Bach ed anche al barocco, reinventa il Settecento con gli stilemi
del Novecento dando rilievo a strumenti come il sassofono tenore. Il
nuovo direttore musicale del Maggio Fiorentino, Fabio Luisi, ha diretto in modo
magnifico una partitura complessa dando ottime sonorità che hanno letteralmente
avvolto la sala. Sontuoso, specialmente nel terzo atto, il coro guidato da
Lorenzo Fratini.
Ci sono ben
18 ‘numeri’: arie, duetti, ariosi, quartetti, anche una pantomina articolata su
un duetto per flauti . Richiede una vocalità impervia. Tutti di grandissimo
livello gli interpreti: da Martin Gunter (Cardillac), a Gun-Brit Barkmin (sua
figlia), Ferdinand von Bothmer (l’ufficiale di cui quest’ultima è innamorata),
Pavel Kudinov (il mercante d’oro), Johannes Chum (il Cavaliere), Adriano
Gramigni (il sacerdote) e Jennifer Larmore (felicissimo ritorno sulle scene
italiane nella parte della dama).
Teatro
pienissimo. Dieci minuti di ovazioni. E fuochi d'artificio per festeggiare la
nuova strada del Maggio.
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