I giochi multipli e la
formazione del governo
Domani il
Presidente della Repubblica farà un ultimo rapido giro di consultazioni con le
delegazioni e successivamente, si auspica, darà un incarico a formare un
governo. L'economista Giuseppe Pennisi formula alcune ipotesi...
Non è stato
difficile, utilizzando gli strumenti della teoria dei giochi, profetizzare che
nel negoziato tra M5S e Pd, allora a livello di pourparler confidati dai
pertinenti gruppi parlamentari, al presidente della Camera, Lilliput (ossia il
Pd che dopo avere perso cinque elezioni negli ultimi quattro anni ha avuto
risultati scoraggianti anche nelle regionali in Friuli Venezia Giulia) ha
sconfitto Gulliver (il M5S uscito primo partito dalle urne il 4 marzo). Ora i
giochi multipli si fanno molto più complicati. Lunedì 7 maggio, il Presidente
della Repubblica farà un ultimo rapido giro di consultazioni con le delegazioni
(grandi e piccole) dei gruppi parlamentari (venti minuti per gruppo) e
successivamente – si auspica- darà un incarico a formare un governo.
Dato il
numero dei gruppi parlamentari e la molteplicità degli obiettivi di ciascuno di
essi, utilizzare la strumentazione della “teoria dei giochi” richiederebbe un
algoritmo estremamente complesso e soprattutto dati (principalmente gli
obiettivi di ciascuno dei gruppi parlamentari) che, se ci sono, sono nel grembo
degli Dei.
Si possono,
però, formulare alcune ipotesi estremamente semplificatrici. Alcuni gruppi
parlamentari hanno piena consapevolezza della gravità in cui versa l’Italia:
ultimi (escludendo la Grecia) nella traballante uscita della crisi mentre una
nuova se ne sta avvicinando, con l’urgenza di effettuare una manovra di
aggiustamento ai conti pubblici 2018 e di prepararne una più severa per
disinnescare l’aumento Iva e fare fronte a varie spese incomprimibili (missioni
internazionali, trasferimenti a Inps ed Iva), perdita di peso internazionale
nei negoziati europei (governance eurozona) e globali (commercio). Proporranno,
quindi, un governo se non di legislatura almeno di alcuni anni per
affrontare e risolvere i nodi trascurati negli ultimi anni o non
affrontanti con l’efficienza e l’efficacia per avere esiti soddisfacenti.
Altri gruppi
parlamentari, invece, hanno meno consapevolezza dei guai in cui è il Paese o
hanno perso ogni fiducia nella possibilità di formare una maggioranza
parlamentare con gli esiti del voto del 4 marzo; premeranno, quindi, o per un
“governo balneare” di vecchio stampo oppure per una soluzione “semi-tecnica”,
tipo i governi Dini, Ciampi e Monti, perché si prendano alcune misure
essenziali, si faccia una nuova legge elettorale e si vada alle urne sperando
in un risultato che prometta maggiore governabilità.
Sono due
posizioni estreme, però, legittime e rispettabili. In un gioco
contemporaneamente su molteplici tavoli, la seconda ha una più alta probabilità
di averla buona sulla prima. È “un’opzione di differimento”, nel gergo
della “teoria delle opzioni”. “Differimento” consentirebbe di raccogliere
maggiori informazioni e fare scelte più oculate.
Ce lo
possiamo permettere? A questa domanda si può rispondere solo
pirandellaniamente: Ciascuno a Suo Modo.
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