martedì 20 marzo 2018

Un trittico contemporaneo all'Opera di Roma in Il sussidiario 20 marzo


BALLETTO/ Un trittico contemporaneo all'Opera di Roma
Nello spettacolo che ha debuttato a Roma il 15 marzo, l’unità non era data dalla coreografia ma nel fatto che il trittico fosse composto tra tre balletti. GIUSEPPE PENNISI 20 marzo 2018 Giuseppe Pennisi
Foto di Yasuko Kageyama
Il cambio di passo nel programma di balletto e nello stile del corpo di ballo dal Teatro dell’Opera di Roma c’è e si vede. Da quando ne ha preso le redini Eleonora Abbagnato. Ne abbiamo parlato su questa testata il 30 gennaio commentando lo spettacolo in cui il balletto romantico Suite en Blanc su musica di Edouard Lalo è stato accoppiato con una celebre serata in cui  un concerto a Marsiglia dei Pink Floyd nel 1972 veniva integrato con coreografie di Roland Petit (autore anche di quelle di Suite en Blanc). Nello spettacolo che ha debuttato a Roma il 15 marzo, l’unità non era data dalla coreografia ma nel fatto che il trittico fosse composto tra tre balletti contemporanei incentrati, in gran misura, sui rapporti di coppia. Molto brevi i primi due (che hanno composto la prima parte). Di circa un’ora il secondo per una durata complessiva, intervallo e cambi scena compresi, di meno di due ore e mezza.
Tre balletti su musica registrata, non tanto a ragione di una tournée a Muscat, in Oman, della compagnia del Teatro dell’Opera con Pagliacci nel noto ed apprezzato allestimento di Franco Zeffirelli, ma perché la coreografia è così intensa e precisa da non lasciarla ai tempi, più o meno veloci, dei direttori d’orchestra..
Il primo balletto (Petite Mort) di Jirì Kylián risale al 1991 e si gioca sul doppio senso, in francese, del termine petite mort che vuol dire orgasmo sessuale. Esplora il rapporto di coppia durante l’atto sessuale e la perdita di controllo sia dell’uomo sia della donna. Sono passati decenni da quando, sempre sul palcoscenico del Teatro dell’Opera di Roma, nella seconda metà degli Anni Cinquanta venne messa in scena La Création du Monde noto balletto di Darius Milhaud il cui debutto a Parigi avvenne nel 1923, scandalizzò il pubblico (e la stampa) benpensante perché Adamo ed Eva in calzamaglia, compiuto il peccato originale, si accoppiavano. Il balletto si basa su due movimenti lenti da due concerti di Mozart, separati da un movimento veloce.
Il secondo (Walking Mad) di Johan Inger è del 2001. Riguarda anch’esso rapporti di coppia trattati con umorismo e sensualità. Lungo una parete mobile segno delle barriere che ostruiscono rapporti interpersonali, donne e uomini si incontrano e mostrano differente relazioni o stadi differenti della stessa relazione. La base musicale è il Bolero di Ravel che, però si conclude, nella dolce e triste Für Alina di Arvo Pârt.
Conclude lo spettacolo la versione ridotta di Artifact Suite di Willian Forsythe creata nel 1984 per il balletto di Francoforte: uno spaccato della società in cui, da un lato, i danzatori si trovano a scoprire quanto più alto e quanto più lontano possono arrivare con il loro corpo, il pubblico scopre un modo nuovo di osservare e di leggere la danza.
Uno spettacolo di grandissimo livello di danza moderna in cui le étoiles, i primi ballerini, i solisti ed il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma hanno dato il meglio di sé , dopo oltre un mese e mezzo di dure prove perché per anni hanno danzato balletti neoclassici e soprattutto romantici.
Purtroppo la sera della prima alcune file di platea  e molti palchi (anche in abbonamento) erano vuoti sia per la novità dello spettacolo sia perché quasi in contemporanea si svolge al Teatro Olimpico il festival internazionale di danza nell’ambito della stagione dell’Accademia Filarmonica Romana. Una coincidenza che con un po’ di coordinamento si sarebbe potuta evitare. Grande successo e molti applausi ma sarebbe stato bene se ci fossero stati più spettatori.
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