- Le barriere agli scambi saranno poco dannose solo se avanza la crescita
alluminio e l’acciaio rappresentano il 2% delle
importazioni americane. Sotto questo profilo , gli aumenti dei dazi su questi
prodotti non sarebbero tali da sconvolgere il commercio internazionale. In
epoca relativamente recente, Nixon, Reagan, (George W) Bush ed Obama vinsero le
loro campagne elettorali innalzando vessilli protezionisti. Obama ritoccò i
dazi su circa 800 voci della tariffa doganale (spesso dopo negoziati o
bilaterali o multilaterali, ma sempre nell’ambito delle regole
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio-OMC) . Ciò dovrebbe demitizzare la
portata del decreto firmato da Trump in pompa magna, con una manifestazione
alla Casa Bianca a cui hanno preso parte delegazioni dei sindacati delle
industrie interessate. Tuttavia, le misure mostrano tutta la loro pericolosità
per l’economia internazionale se inserite in una prospettiva storica recente.
Da circa vent’anni è in atto un processo di de-globalizzazione, prima
strisciante e, poi, dalla crisi economica del 2008. sempre più palese. India, Cina
e Russia hanno innalzato barriere agli scambi, ai movimenti di capitali ed
all’immigrazione. Secondo Global Trade Alert – un osservatorio sugli scambi
commerciali mondiali – dal 2010 Stati ed aree commerciali hanno adottato un
maggior numero di misure discriminatorie rispetto ai provvedimenti di apertura
degli scambi. In modo sempre più frequente, si tratta non tanto di dazi quanto
di sussidi di Stato alle industrie nazionali, in gergo 'barriere non tariffarie
agli scambi'. Il commercio mondiale ha subito una severa contrazione rispetto
al Pil mondiale; nonostante una leggera ripresa non è ancora ai livelli
precedenti il 2007. Non siamo alla vigilia di un nuovo Smoot-Hawley Act che,
dopo la crisi finanziaria del 1929, aumento i dazi americani su oltre 20.000
prodotti, ma in una situazione analoga al Fordey-Mc-Cumber Act del 1922, che a
fronte della ripresa dell’agroalimentare e della farmaceutica operò un
incremento selettivo dei dazi su alcune categorie di importazioni. Fece pochi
danni poiché nei 'ruggenti' Anni Venti, l’economia mondiale cresceva e le
misure ebbero poco effetto. Analogamente oggi siamo ancora in una fase di
espansione dell’economia mondiale (a cui l’Italia ha fatto fatica ad
agganciarsi). Se questa fase proseguirà è possibile che le misure facciano poco
danno. Se, però, stimolano risposte dalle forze in favore della
de-globalizzazione (nazionalismi, sovranismi e populismi vari) potrebbero
essere una miccia pericolosa. Un primo rischio è quello di una contesa
commerciale Usa-Cina: se le due maggiori economie del mondo inizieranno anche
solo a minacciarsi ritorsioni, ne potrebbe seguire una escalation con contagi
in tutte le maggiori aree commerciali. Un secondo pericolo (poco noto a chi non
è addentro a queste materie) è se Trump deciderà di applicare l’articolo 301
del Trade Expansion Act del 1974 (ancora in vigore) che gli concede la facoltà
di 'investigare' le 'barriere non tariffarie' di altri Paesi (ancora una volta
il principale accusato è la Cina) che recano danno alle imprese americane. In
tal caso, il processo di de-globalizzazione subirebbe
un forte impulso. Con danni per tutti.
Giuseppe Pennisi
©
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