martedì 20 marzo 2018

Il Mondo dei blocchi monetari in Formiche mensile aprile


Il mondo è cambiato. Drasticamente. Più di quanto non ce ne siamo accorti. L’attenzione è stata rivolta a numerosi mutamenti, specialmente a quelli collegati all’economia dell’informazione e della comun azione ed alle nuove forme di ‘finanza tecnologica’, nonché alle grandi aree commerciali ed ai vasti mercati comuni che comportano una maggiore attenzione al codice di norme e giurisprudenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) per evitare scaramucce e guerre commerciali che rischiano di danneggiare tutte le parte in causa.
C’è stata poca attenzione alla formazione di veri e propri blocchi monetari. All’inizio dei negoziati che portarono all’’unione monetaria europea’ alcuni ipereuroentusiasti vagheggiarono che prima o poi la moneta unica dell’Europa in via di integrazione avrebbe, se non soppiantato il dollaro come principale unità di riserva, di scambio e di valorizzazione nelle transazioni internazionali, acquisito ‘pari dignità’con il ‘greenback’ degli Stati Uniti. Li smentì un lavoro di Giorgio Gomel, allora al servizio studi della Banca d’Italia, il quale mostrò quanto lunga, difficile e tutta in salita fosse la strada.
Ora un importante lavoro empirico di Camilo E. Tovar e di Tania Mohd Or, ambedue del dipartimento ricerca del Fondo Monetario Internazionale (‘Reserve Currency Blocs:a Changing International Monetary System? IMF Working Paper N.18/20) delinea i ‘blocchi monetari’ sulla base delle riserve accertate e solleva il nodo di fondo: se e quanto in questi anni il sistema monetario internazionale non sia cambiato, E necessiti quindi di nuove regole. Sotto il profilo tecnico, lo studio (in corso di pubblicazione) quantizza il grado di diversificazione monetaria utilizzando regressioni statistiche delle transazioni monetarie per determinare in che grado le monete nazionale appartengano un blocco di monete di riserva. In questo modo vengono calcolate le dimensioni di ciascun ‘blocco monetario’. L’aspetto chiave del lavoro e la quantizzazione del ‘blocco del renmimbi’ , la moneta della Repubblica Popolare Cinese.
La conclusione è che il ‘blocco del dollaro’ continua a dominare ; è pari al 40% del Pil mondiale. Lo segue il ‘blocco del renmimbi’ (30% del Pil mondiale) e terzo ed ultimo tra i grandi ‘blocchi’ è quello dell’euro (quasi il 20% del Pil mondiale). L’area della sterlina (un tempo importantissima) e quella dello yen (anche essa una volta molto vasta) si dividono il restante 10% del Pil mondiale e si stanno rimpicciolendo, e diventando marginali.
Questi dati impongono una riflessione. Da un lato i ‘blocchi monetari’corrispondono in larga misura alle vaste aree di libero scambio. Da un altro, un ruolo relativamente minore del ‘blocco dell’euro’ non solo conferma lo studio di Giorgio Gomel di circa trent’anni ma rispecchia le lenta crescita del continente vecchio e quella, invece, rapida dell’Asia, in particolare dell’Estremo Oriente e pone un importante interrogativo di economia reale. Cosa frena la produttività nel continente vecchio? Solo la demografia? Od anche l’affastellarsi di regole e regolette che ci siamo dati, spesso sotto impulso delle istituzioni europee?.

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