DIALOGUES DES CARMÉLITES/ La
grande musica religiosa moderna a Bologna
L’11
marzo Dialogues des Carmélites di Francis Poulenc, su testo di
Georges Bernanos, è giunto al Teatro Comunale di Bologna per alcune recite.
GIUSEPPE PENNISI 14 marzo 2018 Giuseppe Pennisi
Foto di
Rocco Casaluci
L’11 marzo Dialogues
des Carmélites di Francis Poulenc, su testo di Georges Bernanos, è giunto
al Teatro Comunale di Bologna per alcune recite in un’edizione coprodotta con
il Théâtre des Champs- Elysées di Parigi e con il Théâtre La Monnaie di
Bruxelles. E’ una delle maggiori opere d’ispirazione religiosa dell’ultimo
secolo.
Commissionata
dall’editore Ricordi per il Teatro alla Scala, debuttò in versione italiana, il
26 gennaio 1957 (data alla quale allora aprivano le stagioni scaligere.). La
“prima rappresentazione” francese si sarebbe vista all’Opéra sei mesi dopo. Nei
dodici mesi successivi, rappresentazioni (oltre che in Francia) in teatri
italiani, a Londra, a Vienna e negli Stati Uniti. Il lavoro di Poulenc su testo
di Geroges Bernanos, inizialmente concepito come una sceneggiatura per un film
e ricavato da un episodio realmente accaduto nel 1794 ossia poco prima della
fine di Robespierre (e da un romanzo tedesco del 1931 – attenzione alla data! -
Die Letze am Schafott, (L’ultima al patibolo), di Gertrude von Le Fort)
tratta di un gruppo di monache che di fronte al tribunale giacobino vanno alla
ghigliottina piuttosto che abiurare alle loro idee più profonde.
Il romanzo
di Gertrude von Le Fort venne letto, in Germania, come una denuncia
dell’intolleranza sia del nazismo strisciante che del bolcevismo imperante in
Unione Sovietica. La sceneggiatura di Georges Bernanos poneva, invece,
l’accento sulla fede cattolica come barriera contro i giacobinismi. Come
ricorda Stefania Franceschini in Francis Poulenc – Una Biografia (
Zecchini Editore, 320 pagine € 23) il compositore era diventato famoso sia come
acclamatissimo pianista sia per il suo spirito lieve e sorridente, per balletti
come Les Biches concepito per Montecarlo o Les Fêtes Galantes
oppure per lavori surrealisti come Les Mammelles de Tirésias oppure per
monodrammi sulla sensualità (La Voix Humaine) e l’eros (Le Bel
Indifférent) femminile.
La morte di
un amico caro, la seconda guerra mondiale ed un pellegrinaggio lo riportarono
alla fede cattolica che aveva abbandonato in gioventù. L’opera
Dialogues des Carmélites fu la sua prima grande opera in tre atti e
con numerosi personaggi e fu anche uno dei suoi ultimi lavori. E’ un’opera
“moderna” ma non “contemporanea” in quanto vicina al teatro musicale
tradizionale italiano e non agli stilemi di moda nel 1957. La partitura è
rigorosamente tonale e – come disse lo stesso Poulenc - risente di influenze da
Debussy, Verdi, Musorgskij, Stravinskij e Monteverdi. I recitativi sembrano
improntati a Pelléas et Melisande ed a L’Incoronazione di Poppea,
I cori ed i grandi momenti epici echeggiano Don Carlo e Boris Gudonov.
Nell’orchestrazioni si avvertono richiami a Stravinskij. L’opera richieste un
orchestra smisurata quasi mahleriana (con una tripla dotazione di fiati, due
arpe, pianoforte anche una ghigliottina). Gran parte dei cantanti- attori sono
donne: da varie tipologie di soprani (anche di coloratura), a mezzosoprani, ad
un contralto). Tra le voci maschili, spicca, tra baritoni e bassi, un tenore
lirico con un registro alto.
A Milano è
stata vista nel 2004 in una produzione diretta da Robert Carsen (con Muti
sul podio) al Teatro degli Arcimboldi, dove la Scala era in trasferta
durante i lunghi anni del restauro della sala del Piermarini. Si ricorda anche
una bella edizione con la regia di Alberto Fassini, le scene e i costumi di
Pasquale Grossi, vista al Teatro dell’Opera di Roma nel 1991 con la direzione
musicale di Jan Lotham Koening ed un cast stellare; la produzione è stata
successivamente ripresa a Cagliari, Catania e Trieste; sempre a Roma si è
ascoltata in forma di concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel
2014. A New York, l’opera è stata per anni in cartellone con una celebre regia
di John Dexter del 1980. Il successo si deve al fatto che, come detto, l’opera
è “moderna ma non contemporanea” sia perché musica e testo non sono
“sacri” ma densi di vis politica.
La
produzione al Teatro Comunale di Bologna, è firmata da Olivier Py (regia),
Pierre-André Weltz (scene e costume) e Bertrandt Killy (luci). La direzione
musicale è affidata a Jèrémie Rhorer. Esiste già un DvD della Erato basato
sulle rappresentazioni parigine. E’ una produzione molto efficace sotto il
profilo sia drammaturgico sia musicale.
C’è una
scena unica di base che, con un minimo di attrezzeria e giochi di luce, si
trasforma negli ambienti dei dodici quadri dell’azione; da un palazzo
aristocratico, a vari ambienti del convento, ad un bosco, ad una prigione alla
Place de la Concorde dove avviene l’esecuzione. I colori di base sono il
marrone, il grigio ed il bianco in varie sfumature. I giochi di luce accentuano
le varie atmosfere. La recitazione , frutto di un lungo periodo di prove, è
perfetta.
Jèrémie
Rhorer ha guidato con maestria provetta l’orchestra del Teatro Comunale di
Bologna. L’orchestra ha anche una stagione sinfonica con direttori di livello
internazionale; ciò la avvantaggia nell’eseguire una partitura così complessa,
i cui interludi sono veri e propri poemi sinfonici.
Di
grandissimo livello il cast vocale. Hèléne Guilmette è la protagonista Blanche
de la Force, nome emblematico, ed ambiguo, perché si rifugia in convento per
sfuggire dalle proprie paure, stringe amicizia con la giovane e sempre lieta
Suor Costanza (Sandrine Pieau, un grande soprano di coloratura), scappa però
quando il Terrore forza lo scioglimento della comunità, ma (ultima al patibolo)
raggiunge le consorelle quando stanno andando alla ghigliottina. Sylvie Brunet
e Marie-Antoine Henry sono le due Madri Superiori; la prima, anziana e malata,
muore con la paura dell’aldilà poco tempo dopo l’arrivo di Blanche al convent;
la seconda è il pilastro che prepara, e guida, la comunità al martirio. Sophie
Koch è una fore Madre Maria. Tra il gruppo maschile, spicca Stanislav de
Barbeyrac nel ruolo del fratello che vuole indurre Blanche a scappare con
lui all’estero.
L’11 marzo,
alla ‘prima’, alcune file ed alcuni palchi (anche di abbonamento) erano vuoti.
Un’indicazione del difficile rapporto del Teatro Comunale di Bologna (un tempo
uno dei più innovativi d’Italia) con la città che accorre specialmente ai
titoli di repertorio. Ci stati circa dieci minuti di ovazioni.
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