Caro
Gentiloni, al Cnel non servono nuove nomine. Urge invece una riforma
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Perché sarebbe un errore procedere alle nomine in un organo
costituzionale in un momento di transizione istituzionale. L’appello riformista
del professor Giuseppe Pennisi, consigliere dello stesso Cnel
Sono consigliere del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia
e del Lavoro) dall’estate 2010, in prorogatio, quindi, dall’estate 2015.
Presiedo la Commissione dell’Informazione, incaricata, per legge, di
predisporre il documento annuale sul mercato del lavoro e della contrattazione
collettiva e della tenuta dell’archivio dei contratti collettivi di lavoro nel
settore privato. Sono stato nominato dal Presidente della Repubblica Sen.
Giorgio Napolitano. Ho avuto una lunga carriera alle spalle sia internazionale
sia nazionale. Non aspiro ad incarichi di sorta né al Cnel né altrove, anche se
negli anni che mi restano, spero di continuare ad essere utile al Paese.
Il Cnel è un organo di rilievo costituzionale, al pari della
Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, del Consiglio Superiore della
Magistratura e del Consiglio di Difesa. Ci sono circa ottanta organi simili al
mondo che contribuiscono con osservazioni e proposte all’azione legislativa. A
differenza degli altri organi di rilievo costituzionale e di numerosi organi
analoghi nel resto del mondo, il Cnel ha anche funzione di proposta
legislativa. Stava per essere soppresso, ma il 60% dei votanti al referendum
del 5 dicembre 2016 si è espresso contro la sua abolizione. Per anticiparla, il
governo dell’epoca abolì nel 2014 le indennità di carica (25.000 euro l’anno
lordi) ed i rimborsi per trasferte. Ciò causò le dimissioni di numerosi
consiglieri che non erano in grado di sostenere le spese per partecipare ai
lavori. Se fosse stato utilizzato uno strumento simile per impedire il
funzionamento della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, del Consiglio
Superiore della Magistratura e del Consiglio di Difesa, l’Italia si sarebbe
bloccata e si sarebbe parlato di colpo di Stato. All’estero, specialmente nelle
istituzioni Ue, sono state espresse preoccupazioni nei confronti del
funzionamento della democrazia in Italia quanto a fine 2014 queste misure sono
state adottate.
A differenza di altri colleghi, non ho dato le dimissioni
quando sono stati aboliti emolumenti e rimborsi spese sia per rispetto nei
confronti del Capo dello Stato che mi ha conferito l’incarico sia per
continuare ad espletare, pur in condizioni difficili, i compiti affidatomi sia
per impedire che con le dimissioni di tutti i consiglieri, il governo
dell’epoca riuscisse nel suo intento di chiudere l’organo, nonostante i
risultati del referendum costituzionale. Infine, anche quando c’è
l’ammutinamento del Caine, qualcuno deve restare a bordo se non altro per
spengere le luci.
L’incidenza, l’efficacia e l’efficienza del Cnel dipendono,
in gran misura, dai suoi ‘azionisti di maggioranza’, espressione del mondo del
lavoro e della produzione. In questi anni, nonostante una campagna di stampa
contro l’organo, il Cnel ha contribuito puntualmente all’azione legislativa con
pareri e proposte ed ha elaborato, con l’Istat, gli indicatori di benessere
equo e sostenibile per arricchire quelli derivanti dalla contabilità economica
nazionale. Credo nelle finalità del Cnel, come molti altri, ritengo che il Cnel
abbia urgente esigenza di riforma; a questo fine, con altri colleghi e con il
supporto dell’Assemblea tutta dell’organo, è stata predisposta una proposta di
legge. Senza una riforma, il lavoro di una nuova Consiliatura potrebbe risultare
poco utile ove non futile.
Corre voce che il governo Gentiloni stia per procedere la
settimana che inizia il 12 marzo alla nomina, in blocco, di 64 consiglieri per
un mandato di cinque anni. Ciò pone un problema giuridico, politico e di
efficacia ed efficienza.
Sotto il profilo giuridico, il governo Gentiloni non è stato
sfiduciato dal Parlamento e non si è dimesso. Tuttavia, i risultati delle
recenti elezioni hanno comportato una severa sconfitta per le forze politiche
che le compongono. Probabilmente unicamente la Corte Costituzionale può dire se
in queste condizioni può ricostituire un intero organo di rilevanza
costituzionale.
Sotto il profilo politico è possibile che la nuova
maggioranza voglia esprimere almeno un parere su nomine che pare vengano fatte
quasi di sotterfugio (e con la promesse implicita di re-instituzione di
indennità). Ancora una volta in ambienti delle le istituzioni Ue, dell’Ocse e
della la stessa Organizzazione Internazionale del Lavoro si esprimono
perplessità.
Sotto il profilo economico e sociale, dal 2010, l’Italia è
profondamente cambiata; ad esempio, il lavoro autonomo, le professioni e le
piccole e medie imprese hanno oggi un ruolo più significativo che otto anni fa
mentre la ripartizione dei seggi è la fotocopia di quella di allora; con la
rapidità della trasformazione dell’economia e della società, tra cinque anni
sarà vetusta. Già ora gli ‘azionisti di maggioranza’ avranno difficoltà ad
esprimere autorevolmente il pensiero del mondo dell’economia e del lavoro ed ad
avere, quindi, l’incidenza e l’efficacia richiesta.
Anche l’efficienza sarebbe a repentaglio perché tutto
riconoscono che il Cnel necessita una riforma. Una volta creata una nuova
Consiliatura, l’attenzione sulla riforma scemerebbe. Mentre aumenterebbe quella
sui compensi che alcuni vorrebbero allineare a quelli della Corte dei Conti,
del Consiglio di Stato, del Consiglio Superiore della Magistratura e del
Consiglio di Difesa. Con un enorme aggravio sui conti dello Stato.
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