lunedì 5 marzo 2018

Il Lirico di Cagliari inaugura la stagione con un'accoppiata coraggiosa e vincente uin Sussidiario del 5 aprile



OPERA/ Il Lirico di Cagliari inaugura la stagione con un'accoppiata coraggiosa e vincente
La stagione 2018-2019 è stata inaugurata il 2 marzo con un’accoppiata singolare ma che si è rivelata vincente: Turandot e Suor Angelica. di GIUSEPPE PENNISI 05 marzo 2018 Giuseppe Pennisi
Un momento della TurandotUn momento della Turandot
La Sardegna ha un milione e mezzo di residenti. Cagliari, e dintorni, ne hanno circa 150.000. Il Teatro Lirico di Cagliari – ce ne è uno più piccolo e con meno spettacoli anche a Sassari – ha ben otto turni di abbonamenti ed un totale di dieci rappresentazioni per ciascun titolo, nonché un programma di internazionalizzazione con teatri d’opera americani ed ora con teatri universitari cinesi ed una ricca stagione concertistica. Ogni anno, poi, inaugura la stagione con una rarità.
Dopo due stagioni aperte con opere dimenticate, o quasi, di Ottorino Respighi – una delle due ha trionfato alla New York City Opera che la ha coprodotta - la stagione 2018-2019 è stata inaugurata il 2 marzo con un’accoppiata singolare ma che si è rivelata vincente: Turandot di Ferruccio Busoni nella prima parte dello spettacolo e Suor Angelica di Giacomo Puccini. I due lavori hanno una sola cosa in comune: essere quasi contemporanei, Turandot ha debuttato allo Stadtheater di Zurigo nel 1917 ed Suor Angelica è andata in scena nel 1918 al Metropolitan di New York come seconda parte del Trittico. Sono, peraltro, profondamente differenti. La notissima Suor Angelica è una tragedia, per sole voci femminili, tutta imperniata su un difficile e complesso gioco psicologico. Turandot , tratta dalla commedia di Carlo Gozzi di cui Busoni avrebbe dovuto scrivere le musiche di scena per uno spettacolo ideato da Max Reinhardt, è un gioco ironico e sarcastico come altri lavori di Gozzi trasformati in opere in quegli anni: ad esempio, La Donna Serpente messa in musica da Casella, L’Amore delle Tre Melarance di Prokofe’v e Re Cervo a cui si rivolse Henze negli anni settanta del secolo scorso.
Proprio la profonda differenza in drammaturgia e stilemi musicali rende l’accostamento audace. E’ stato intelligentemente unificato dalla regi,, scene e costumi e luci di Denis Krief che utilizza lo stesso materiale scenico per le due opere: le architetture razionaliste di Turandot diventano dopo un breve intervallo, il convento ossessivo di Suor Angelica.
Turandot viene rappresentata in versione ritmica italiana, come lo si è fatto, negli ultimi quaranta anni, al Filarmonico di Verona ed al piccolo Teatro Caruso di Torre del Lago, mentre a Venezia nel 1990 ed a Sassari nel 1994 si è optato per l’originale tedesco. La scelta dipende probabilmente dall’accostamento con Suor Angelica. Tuttavia, per chi conosce bene la lingua, la versione tedesca (di cui esiste una breve ma importante discografia) è più mordace: il racconto mostra un regno borghese in decomposizione (infuria la prima guerra mondiale) con un Principessa (Teresa Romano) diva del cinema muto ed un imperatore (Gabriele Sagona), stanco di sangue e desideroso di nozze che mettano fine alle bizze cruente della di lui figliola. Tra gli altri spiccano la Adelma di Enkelejda Shkoza, il Kalaf di Thimoty Richards e le tre maschere (Truffaldino, Pantalone e Tartaglia) di Filippo Adami, Daniele Terenzi e Carlo Checchi. Di gran livello il coro.
Difficile dire se il pubblico abbia afferrato tutti gli aspetti ironici e satirici, anche nei confronti degli stilemi musicali mittle-europei dell’epoca, si è però senza dubbio divertito ed ha riso di cuore nei momenti maggiormente comici.
Più tradizionale Suor Angelica. Efficace, come si è detto, la trasformazione dei palazzi razionalisti della Pechino delle favole in un claustrofobico convento. Geniale la regia che mostra come la zia Principessa (una bravissima Enkelejda Shkoza) abbia rimorsi durante il colloquio con la protagonista. Molto brave le varie suore. Virginia Tola ha avuto difficoltà con gli acuti ed ha teso a celarle, strillando troppo (ma si è meriata ovazioni dal pubblico).
La bacchetta di Donato Renzetti ha percorso un tracciato sicuro e consueto in Suor Angelica , ma non colto tutta l’ironia ed il sarcasmo di Turandot, pur concertando con maestria la complessa orchestrazione e tenendo bene l’equilibrio tra buca e scena.
Comunque grande successo.
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