OPERA/ Il Lirico di Cagliari
inaugura la stagione con un'accoppiata coraggiosa e vincente
La stagione
2018-2019 è stata inaugurata il 2 marzo con un’accoppiata singolare ma che si è
rivelata vincente: Turandot e Suor Angelica. di GIUSEPPE PENNISI 05 marzo
2018 Giuseppe Pennisi
Un momento della Turandot
La Sardegna
ha un milione e mezzo di residenti. Cagliari, e dintorni, ne hanno circa
150.000. Il Teatro Lirico di Cagliari – ce ne è uno più piccolo e con meno
spettacoli anche a Sassari – ha ben otto turni di abbonamenti ed un totale di
dieci rappresentazioni per ciascun titolo, nonché un programma di
internazionalizzazione con teatri d’opera americani ed ora con teatri
universitari cinesi ed una ricca stagione concertistica. Ogni anno, poi,
inaugura la stagione con una rarità.
Dopo due
stagioni aperte con opere dimenticate, o quasi, di Ottorino Respighi – una
delle due ha trionfato alla New York City Opera che la ha coprodotta - la
stagione 2018-2019 è stata inaugurata il 2 marzo con un’accoppiata singolare ma
che si è rivelata vincente: Turandot di Ferruccio Busoni nella
prima parte dello spettacolo e Suor Angelica di Giacomo Puccini.
I due lavori hanno una sola cosa in comune: essere quasi
contemporanei, Turandot ha debuttato allo Stadtheater di Zurigo
nel 1917 ed Suor Angelica è andata in scena nel 1918 al Metropolitan
di New York come seconda parte del Trittico. Sono, peraltro,
profondamente differenti. La notissima Suor Angelica è una
tragedia, per sole voci femminili, tutta imperniata su un difficile e complesso
gioco psicologico. Turandot , tratta dalla commedia di Carlo
Gozzi di cui Busoni avrebbe dovuto scrivere le musiche di scena per uno
spettacolo ideato da Max Reinhardt, è un gioco ironico e sarcastico come altri
lavori di Gozzi trasformati in opere in quegli anni: ad esempio, La Donna
Serpente messa in musica da Casella, L’Amore delle Tre Melarance di
Prokofe’v e Re Cervo a cui si rivolse Henze negli anni settanta
del secolo scorso.
Proprio la
profonda differenza in drammaturgia e stilemi musicali rende l’accostamento
audace. E’ stato intelligentemente unificato dalla regi,, scene e costumi e
luci di Denis Krief che utilizza lo stesso materiale scenico per
le due opere: le architetture razionaliste di Turandot diventano
dopo un breve intervallo, il convento ossessivo di Suor Angelica.
Turandot viene rappresentata in versione
ritmica italiana, come lo si è fatto, negli ultimi quaranta anni, al
Filarmonico di Verona ed al piccolo Teatro Caruso di Torre del Lago, mentre a
Venezia nel 1990 ed a Sassari nel 1994 si è optato per l’originale tedesco. La
scelta dipende probabilmente dall’accostamento con Suor Angelica. Tuttavia,
per chi conosce bene la lingua, la versione tedesca (di cui esiste una breve ma
importante discografia) è più mordace: il racconto mostra un regno borghese in
decomposizione (infuria la prima guerra mondiale) con un Principessa (Teresa
Romano) diva del cinema muto ed un imperatore (Gabriele Sagona), stanco di
sangue e desideroso di nozze che mettano fine alle bizze cruente della di lui
figliola. Tra gli altri spiccano la Adelma di Enkelejda Shkoza, il Kalaf di
Thimoty Richards e le tre maschere (Truffaldino, Pantalone e Tartaglia) di
Filippo Adami, Daniele Terenzi e Carlo Checchi. Di gran livello il coro.
Difficile
dire se il pubblico abbia afferrato tutti gli aspetti ironici e satirici, anche
nei confronti degli stilemi musicali mittle-europei dell’epoca, si è però senza
dubbio divertito ed ha riso di cuore nei momenti maggiormente comici.
Più
tradizionale Suor Angelica. Efficace, come si è detto, la
trasformazione dei palazzi razionalisti della Pechino delle favole in un
claustrofobico convento. Geniale la regia che mostra come la zia Principessa
(una bravissima Enkelejda Shkoza) abbia rimorsi durante il colloquio con la
protagonista. Molto brave le varie suore. Virginia Tola ha avuto difficoltà con
gli acuti ed ha teso a celarle, strillando troppo (ma si è meriata ovazioni dal
pubblico).
La bacchetta
di Donato Renzetti ha percorso un tracciato sicuro e consueto in Suor
Angelica , ma non colto tutta l’ironia ed il sarcasmo di Turandot,
pur concertando con maestria la complessa orchestrazione e tenendo bene
l’equilibrio tra buca e scena.
Comunque
grande successo.
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