giovedì 8 dicembre 2011

LA SOLITUDINE DI “DON GIOVANNI” In Il Riformista 8 dicembre

Prima della Scala
LA SOLITUDINE DI “DON GIOVANNI”
Beckmesser


A cavallo tra l’ultimo lustro del XX secolo e il primo del XXI, “Don Giovanni” di Lorenzo Da Ponte e Wolfgang A. Mozart ha soppiantato “Carmen” di Georges Bizet in quanto opera più rappresentata al mondo. Le classifiche non tengono conto delle due rappresentazioni quotidiane offerte a Praga (dove la “prima” si è tenuta il 29 ottobre 1787) in un teatro di marionette con musica registrata. Il “Don Giovanni” presentato ieri sera alla Scala ad inaugurazione della stagione 2011-2012 gareggia con quello visto ed ascoltato due anni fa a Aix en Provence - e successivamente presentato a Toronto , in vari teatri europei ed ora in repertorio al Bolshoi- come una delle proposte più interessanti per dare all’opera un forte significato attuale. Nell’edizione salpata a Aix , Dmitri Tcherniakov (regia) e Louis Langrée (direzione musicale) mettevano in scena un crudo ritratto di famiglia in un infermo. In questa scaligera, Robert Carsen (regia) e Daniel Barenboim lavorando all’unisono, trasformano il mito del “Don” in una riflessione disperata e struggente sulla solitudine di uomini e donne con finale a sorpresa. In una luce glaciale, in una scena quasi nuda (con giochi di specchi, quinti e siparietti), Peter Mattei (Don Giovanni) non è alla incessante ricerca di sesso ma un oggetto del piacere (sempre iniziato ma mai completato) di tre donne indemoniate e disperatamente sole tanto quanto lui, Leporello e Don Ottavio. Solo il Commendatore (ucciso nel primo quadro ma sempre presente) sembra avere obiettivi chiari sia in vita sia nell’oltretomba. Barenboim dilata i tempi, secondo alcuni oltre il consentito (l’opera dura circa 20 minuti in più delle versioni più note). Ciò è necessario per fare avvertire il senso di tragedia moderna in quello che Da Ponte chiamò un “melodramma giocoso in due atti) e che Mozart iniziò con un “do” che richiama gli abissi dell’inferno. L’orchestra asseconda Barenboim dando una tinta scura alla partitura , anche nei momenti apparentemente più “giocosi” (la festa, il duettino Masetto- Zerlina).
Nel cast eccellono Mattei, Bryn Terfel, Barbara Frittoli, Anna Netrebko e Kwangchul Youn. Troppo leggero il timbro della Zerlina di Anna Prohaska e troppo scuro quello del Masetto di Stefan Kocán.
Sarebbe auspicabile fare una serie di ritocchi nelle repliche che dureranno sino a metà gennaio:l’impianto scenico (nella prima parte) mortifica le voci (a ragione dell’impervia acustica della Scala- che inferisce contro il volume di Giuseppe Filianoti), la dilatazione dei tempi appare in certi momenti eccessiva. Lo spettacolo non piacerà a tutti ma dopo quattro inaugurazioni che hanno destato perplessità siamo alle prese con un lavoro di grande livello.

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