Milano, Teatro La Scala
Il “Don Giovanni” scaligero non piace ai barracuda-esperti.
Ma trionfa
Giuseppe Pennisi
Venti minuti d’applausi al termine dello spettacolo all’anteprima per i giovani il 4 dicembre, 12 al gala del 7 dicembre alla presenza del Capo dello Stato, del Presidente dei Consiglio, dei Presidenti di Regione e Provincia e del Sindaco.
Un vero trionfo per il nuovo allestimento Barenboim-Carsen del “Don Giovanni” che ha inaugurato la stagione del Teatro alla Scala.
Alcuni barracuda-esperti della critica ufficiale hanno trovato a ridire perché mancavano parrucche e crinoline e la bacchetta non era adeguatamente lieve. L’edizione non solamente porta la vicenda ai giorni d’oggi ma è chiaramente frutto di stretta collaborazione tra l’impostazione drammaturgica (regia di Robert Carsen, scene di Michael Levine, costumi di Brigitte Reiffenstuel, luci dello stesso Carsen e di Peter van Preat) e della direzione musicale di Daniel Barenboim.
Ne risulta una grande integrità concettuale sia scenica sia musicale. L’opera diventa riflessione al tempo stesso desolante e struggente sulla condizione umana - ipocrita, falsa, lussuriosa. Colpo di scena finale: il Don riemerge dagli inferi fumando una sigaretta, ma ci finiscono tutti gli altri (ossia il mondo perbenista che lo circonda).
In primo luogo, sin dalla ouverture si avverte che siamo di fronte a qualcosa che è ben diverso da un’“opera buffa” o da un “dramma giocoso”. Dalle prime misure si avverte il fuoco dell’inferno (che, tre ore più tardi, concluderà l’opera); il quadro è cosmico.
In secondo luogo, il trattamento musicale del protagonista non ne fa né una caricatura del libertino quale tracciata da Tirso de Molina e José Zorrilla, né un proto-illuminista molieriano. La note di Mozart, avvolgono Don Giovanni in quel clima luciferino che si ritroverà, ad esempio, alcuni lustri più tardi nell’“opera nazionale” tedesca . Il “Don” non è un seduttore; sono le tre protagoniste femminili (pure se coperte di perbenismo) che vogliono fare l’amore con lui, e non riescono mai a completare l’atto. E i loro uomini (Don Ottavio, Masetto)? Fingono di non sapere quale è il gioco che si sta giocando. Unici personaggi positivi Leporello e il Commendatore che comprendono e commiserano la desolata e desolante compagnia che andrà con loro all’inferno.
La concertazione è perfettamente in linea con questa lettura. Daniel Barenboim dilata i tempi, secondo alcuni anche oltre i filologicamente ammissibile: l’opera dura circa 20 minuti in più della versione che lo stesso Barenboim registrò nel lontano 1973 e che in questi giorni il mensile Classic Voice ripropone con il suo ultimo fascicolo).
Non sarà una lettura filologica (d’altronde la versione originale detta “di Praga” viene interpolata con quella, successiva, detta “di Vienna”), ma è necessario per fare toccare con mano il senso di tragedia moderna in quello che Mozart iniziò con un “do” che richiama gli abissi dell’inferno.
INDIETRO
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento