lunedì 5 dicembre 2011

ALLA SCALA UN DON GIOVANNI DI SUCCESSO PER UNDER 30 Il Velino 5 novembre

ALLA SCALA UN DON GIOVANNI DI SUCCESSO PER UNDER 30
Milano - Ieri l'anteprima per i giovani, mercoledì il debutto alla presenza di Monti e Napolitano. Uno spettacolo modernissimo che coinvolge la platea e rende il pubblico entusiastaEdizione completa
Stampa l'articolo Milano - Ieri La Scala ha presentato in anteprima a una platea di giovani il “Don Giovanni”, che mercoledì inaugurerà la stagione e resterà in scena sino a metà a gennaio (ma si parla già di inviti da parte di altri teatri). Pubblico entusiasta di fronte a uno spettacolo modernissimo che coinvolge la platea, in cui alcuni protagonisti cantano in platea e il “Commendatore” compare sul palco reale (il 7 dicembre sarà tra Napolitano e Monti). Finale da thriller alla Hitchcock con sorpresa da non svelare prima di Sant’Ambrogio. “Don Giovanni” è forse l’opera più nota della sterminata produzione di Wolfgang Amadeus Mozart e dei 22 lavori composti espressamente per il teatro. Nel 2006 (anno mozartiano, in occasione dei 250 anni dalla nascita del compositore) è stata scelta per l’inaugurazione della stagione del Teatro dell’Opera di Roma in un’edizione concepita, circa tre lustri fa, da Franco Zeffirelli per il Metropolitan di New York. Sempre nel 2006, circa 20 teatri italiani hanno programmato nuove edizioni del “dramma giocoso”. Alla Scala, Peter Mussbach e Gustavo Dumadel ne hanno presentato una stilizzata e moderna in collaborazione con la Staatsoper untder Den Linden di Berlino; in giro per l’Italia, e non solo, i teatri di Treviso, Verona, Jesi e Fermo hanno messo insieme le loro risorse per co-produrlo un “Don” ispirato al teatro delle marionette (come probabilmente fu il libretto di Da Ponte) e hanno chiamato il leader della marionettistica italiana, Eugenio Monti Colla, della milanessima compagna Fratelli Colla, che da un paio di lustri opera più all’estero che in Italia.

“Don Giovanni” è anche un’opera che è stata analizzata non solo da musicologi ma anche da economisti e politologi come apologo dei rapporti di potere in una fase di transizione, ossia quando il Settecento volgeva al tramonto, si avvicinava la Rivoluzione Francese e si predisponevano i movimenti di unità nazionale (specialmente in Germania e in Italia) dell’Ottocento. In un saggio di alcuni anni fa del sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo, Antonio Cognata, e del docente Pasquale Lucio Scandizzo, i comportamenti di Don Giovanni e del Commendatore sono letti in termini di paradigma di base della teoria dei giochi: il “dilemma del prigioniero” in cui i giocatori, privi di informazioni essenziali, adottano comportamenti sub-ottimali. In un libro recente, il Premio Nobel Douglas C. North arriva a conclusioni analoghe. A ragione della razionalità limitata, della carenza di informazioni e comunque di asimmetrie informative, gli agenti economici vivono nell’incertezza. Nello specifico, Don Ottavio, Donna Anna, Donna Elvira, Masetto e Zerlina operano in un mondo incerto e ne hanno apprensione. Il “Don” e il Commendatore, invece, sguazzano nelle opportunità che l’incertezza offre loro. I primi necessitano regole per limitare l’incertezza. I secondi, invece, non vogliono regole e trasgrediscono, anche e soprattutto con il loro gioco ad ultimatum, quelle esistenti.

Lo schema esplicativo si applica a interpretazioni più recenti del mito di “Don Giovanni”, da quella di Kierkegaard alle numerosissime elaborate nel periodo tra le due guerre mondiali Nascono tutte dal Da Ponte-Mozart non da letture precedenti della vicenda del “burlador”. Anzi l’opera mozartiana fa da vero e proprio spartiacque nelle interpretazioni: apolitica prima e politiche successivamente. Uno schema che merita di essere arricchito e approfondito come faranno nelle loro discussioni dopo lo spettacolo gli studenti di economia e scienze politiche. Torniamo a Mozart: sin dalla ouverture si avverte che siamo di fronte a qualcosa che è ben diverso da un “dramma giocoso”: dalle prime battute si avverte il fuoco dell’inferno in fa. Al termine della “folle giornata”, Don Giovanni vuole tornare all’inferno da dove è arrivato - come ci hanno detto già le prime note dell’ouverture. Il Commendatore - il duello, prima, e la sfida alla statua, poi - è uno strumento per compiere questa marcia, più efficace dei tentativi di seduzione (tutti “in bianco”, musicalmente ancora più che scenicamente, come indicato dei diminuendi che chiudono ciascuno di essi).

Un cenno finale: una lettura socio-politica come questa come questa aiuta a comprendere quella di Carsen in scena alla Scala (anche a ragione del fuoco intriso a melanconia che sprigiona la bacchetta di Barenboim), nelle edizioni viste di recente a Roma, Bologna, Ancona e Macerata, Treviso, Verona, Jesi e Fermo, e pure in quella di Martone (che ha circolato in diversi teatri), lo spettacolo è volutamente tradizionale: le scene (teloni dipinti che salgono e scendono, quinte che girano velocemente), i ricchi costumi seicenteschi e la recitazione enfatica si riallacciano al teatro delle marionette. Ai giovani questo lento, triste ed attuale “Don Giovanni” è più vicino di altre edizioni. Lo comprendono meglio e rispondono con ovazioni. Ora resta da vedere come reagirà il pubblico del 7 dicembre e i “barracuda” della critica ortodossa. (ilVelino/AGV)(Hans Sachs) 05 Dicembre 2011 11:48

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