LO SCHIACCIANOCI/ Al Teatro dell'Opera la magia di Tchaikovsky
Giuseppe Pennisi
martedì 27 dicembre 2011
Lo Schiaccianoci di Pëtr Ill’ Tchaikovsky
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Al Teatro dell’Opera di Roma è in scena un’edizione spettacolare de Lo Schiaccianoci di Pëtr Illic Tchaikovsky. Le rappresentazioni sono iniziate con una serata di Gala per un’associazione di beneficienza la sera del 20 dicembre e proseguono sino al 30 con una recita al giorno. Il successo è tale che non è esclusa una ripresa l’anno prossimo in settimane di festa come queste. In effetti, non appena scenderà il sipario sull’ultima replica al Teatro dell’Opera, un meno grandioso allestimento a cura de ll Balletto di Roma va in scena sino al 7 gennaio all’Auditorium di Via della Conciliazione.
A Roma vengono rappresentati anche Il Lago dei Cigni e La Bella Addormentata da compagnie in tournee. Quindi, i tre balletti di Pëtr Ill’ Tchaikovsky sono gli spettacoli più gettonati in questo ultimo scorcio di 2011. In Italia se ne contano una dozzina di edizioni. Dei tre, Lo Schiaccianoci è quello più rappresentato; viene considerato il più “natalizio” in quanto si svolge la vigilia della Santa Notte e, tra fiocchi di neve, slitte e alberi decorati, ha al suo cenno una strenna: un pupazzo-schiaccianoci di cui in sogno si innamora la bambina a cui è stato regalato. È tratto da un racconto di E.T.A. Hoffmann, che lo stesso autore considerava “decisamente non per bambini”. È una delle ultime opere di Tchaikovsky composta quando il compositore attraversava la crisi che lo portò al suicidio.
La versione al Teatro dell’Opera viene presentata con tre cast che si alternano. Le scene di Carlo Savi e le luci di Mario De Amicis sono supportate da proiezioni computerizzate che rievocano i laghi baltici non distanti da San Pietroburgo. La coreografia di Slawa Muchamedow segue fedelmente quella originale di Marius Petita del 1892. La bacchetta di Nir Kabaretti è precisa. Il cast è interamente costituito dai complessi del teatro (spicca Gaia Straccamore) con l’eccezione di Anton Bogov nel ruolo del principe, in alcune serate. In breve, uno spettacolo tradizionale per famiglie che sta riscontrando il favore del pubblico.
Viene di norma presentato in una versione favolistica edulcorata (quale quella della prima a San Pietroburgo nel 1892, ripresa, peraltro, nell’allestimento del Teatro dell’Opera), ma la musica è, al tempo stesso, inquietante ed eloquente. Inquietante perché prelude più di altre al primo scorcio del Novecento in cui prevalse il torbido (si pensi a Salome di Strauss, a Iris e Parisina di Mascagni, a Pellèas et Melisande di Debussy).
Eloquente perché intrisa di eros (e quello di Tchaikovsky era particolarmente proibito). Di recente, coreografie di Nuraiev e di Crancko ne hanno riscoperto (in linea con una partitura morbida e morbosa, più vicina al Novecento ormai alle porte che al tardo-romanticismo) il contenuto erotico, specialmente nel valzer dei fiori e nel pas-de-deux con cui termina il quarto quadro. Occorre quindi chiedersi se e quanto i balletti di Tchaikovsky siano tanto “natalizi” quanto sembrano.
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