IL TERRORISMO PSICOLOGICO NON GIOVA ALL'EUROZONA
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Roma - Secondo il Commissario Europeo agli affari economici e monetari, Olli Rehn, siamo entrati nei dieci giorni che scuoteranno l’Europa. La decade è iniziata il primo dicembre e ha il suo punto forte il 5 dicembre, quando l’Italia (uno dei Paesi considerati, a torto od a ragione, maggiormente a rischio) svelerà cosa il Governo intende proporre ad un Parlamento che non pare disposto a prendere istruzioni. Il suo culmine sarà poi tra la sera dell’8 dicembre e la notte fonda del 9 novembre (o la mattina del 10), quando i Capi di Stato e di Governo decideranno di varare o di non varare la "road map" per salvare l’euro. Tale “road map” è stata redatta dagli uffici dello stesso Rehn il 23 novembre. Per quanto "segretata" era ampiamente riassunta almeno su un quotidiano italiano del 25 novembre (con numero di protocollo e vari annessi e connessi).
Prima di entrare nel merito della “road map” tracciata da Rehn (di cui è naturalmente legittimo discutere), occorre sottolineare il clima di terrore che si alimenta da Bruxelles. I Dieci Giorni che Sconvolsero il Mondo, quali ritratti nel bel film di Serghei Eisenstein sono stati gioiosi: lo stesso assalto al Palazzo d’Inverno pareva avvenire in un clima di festa. Questi dieci giorni per salvare l’euro si svolgono in un’atmosfera a metà tra film dell’”horror” e Halloween. Lo mostra la solerzia con cui i portavoce della Commissione sbandierano un documento della Fondazione Berstelsmann sui costi che comporterebbe la fine dell’eurozona: una svalutazione del 60 per cento per Grecia, Portogallo, Spagna ed Italia; un tracollo del Pil anche in Germania, Olanda, Finlandia e Austria. “Sappia Frau Merkel – ammonisce la sintesi dello studio ampiamente diffusa il 30 novembre – che i suoi teutonici elettori perderebbero nell’immediato tra i 6000 e gli 8000 euro a testa e negli anni successivi circa 5000 euro ogni 12 mesi”.
Tutto ciò non giova all’Unione Europea e tanto meno all’eurozona. Non solo non si sa nulla sulle ipotesi e la strumentazione econometrica del lavoro, ma non c’è un’analisi della rottura di altre unioni monetarie negli anni successivi la seconda Guerra Mondiale (più di cinque decenni in cui una quindicina di unioni monetarie, anche importantissime, sono saltate senza che ci siano stati catastrofi quali quelle delineate nella sintesi dello studio). Piuttosto che diffondere paura a individui, famiglie ed imprese già in preda al panico per come vanno le cose, si dovrebbe analizzare in dettaglio la “road map” proposta e discuterla apertamente. Il tracciato indicato da Rehn prevede un controllo preventivo della politica di bilancio da parte della Commissione che, se non soddisfatta degli schemi di leggi di stabilità e documenti di bilancio, potrebbe chiederne l’emendamento prima ancora che venissero vagliati dai Parlamenti nazionali. Le Camere, in effetti, non avrebbero più titolo a modificare quanto approvato, con bolli e ceralacca, dalla Commissione Europea, se non con l’accordo della Commissione medesima. I funzionari ed i dirigenti di quest’ultima attuerebbero, poi, una rigorosa attività di vigilanza comminando (se del caso) sanzioni.
Il terrorismo della sintesi del lavoro delle Fondazione Bertelsman è, a fronte delle prospettive aperte dalla “road map”, del tutto fuori luogo poiché è la “road map” di Rehn a mettere davvero paura: se approvata, si dichiarerebbe finita nell’eurozona quella democrazia rappresentava che è stata l’apporto principale dell’Europa alla civiltà mondiale. Torneremo ai tempi di Robin Hood e dello Sceriffo di Nottingham, prima della redazione della Magna Charta. Se salvare il “soldato euro” ha un prezzo così alto, forse è preferibile lasciarlo alla sua sorte. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 02 Dicembre 2011 12:48
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