Perché la giustificazione del 'troppo
grande per fallire' non può essere un alibi
Sta per essere varata la Commissione parlamentare d’inchiesta
sul 'maledetto imbroglio' del Monte dei Paschi di Siena. A questo punto,
sarebbe auspicabile che la Commissione lavorasse e solo successivamente si
decidesse quanti aiuti pubblici erogare, quando e come. Ma, è noto, le
commissioni parlamentari hanno tempi lunghi e, a quel che si sa, il Monte è con
l’acqua alla gola e se dovesse portare i libri in tribunale trascinerebbe con
sé altre banche e una fetta dell’economia italiana. È, in breve, 'too big to
fail' (troppo grande per fallire). Quindi, il supporto a Mps sarebbe necessario
per evitare guai peggiori al resto del sistema creditizio italiano.
Da anni la letteratura economica ha dimostrato che il
paradigma 'too big to fail' non regge. Ci sono casi recenti, e di grande
rilievo, che dimostrano che ci sono altre strade fattibili senza accollare 120
euro a ciascun italiano. Ad esempio nelle prime fasi della crisi finanziaria
iniziata nel 2008 il Governo americano è intervenuto per sostenere Fanny Mae e
Fredd Mac (le due maggiori società per azioni, nate con partecipazione
pubblica, per il mercato dei mutui edilizi) e ha invece lasciato fallire Lehman
Brothers. Le prime due, oltre a essere nate negli anni Trenta su impulso dello
stesso Governo federale e diventate società ad azionariato diffuso nella
seconda metà degli anni Sessanta, erano lo strumento per salvaguardare dallo
sfratto per insolvenza oltre venti milioni di famiglie (di cui si avevano nome,
cognome, indirizzo e montante del debito residuo e relativo tasso di
interesse). Lehman Brothers, invece, aveva giocato sulla teoria del 'too big to
fail' e non rivelava come si fosse ridotta con debiti bancari per 613 miliardi
di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di
639 miliardi.
Gran parte di queste erano – si suppone – operazioni
'riservate' e ad alto rischio. Se Lehman Brothers le avesse svelate alle
autorità federali, e queste ultime al pubblico (perché avrebbe dovuto comunque
comunicarle al Congresso), la finanziaria avrebbe perso, per sempre, la propria
clientela, usa a trattative segrete in eleganti salottini. Se non le avesse
rese note, le regole sulla trasparenza avrebbero impedito anche soltanto di
iniziare a istruire una pratica allo scopo di un eventuale finanziamento
pubblico. I 160 anni della Lehman Brothers si possono vedere nell’ultimo lavoro
di Luca Ronconi che, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, è in giro per l’Italia
da circa un anno.
La situazione di Mps pare simile a quella di Lehman Brothers:
molte sofferenze sembrano essere con clienti 'speciali' e senza adeguate
garanzie per correntisti, azionisti, e titolari di obbligazioni di vario grado.
C’è un alternativa. Seguire l’esempio della Spagna che si è rivolta, con
successo, al Meccanismo europeo di stabilità, Mes (di cui l’Italia è
contributore). Naturalmente, prima di aprire un eventuale fascicolo, il Mes
avrebbe voluto avere i dettagli su crediti incagliati, insolvenze e
quant’altro. Dati che sarebbero, prima o poi, diventati pubblici. In caso di
fumo di reati , Mes sarebbe stato obbligato a rivolgersi alla procura della
Repubblica italiana per appropriate indagini. Si afferma che ciò avrebbe
comportato una perdita di immagine. Non la hanno percepita cosi gli hidalgo e i
caballero spagnoli le cui banche sono state risanate e la cui economia cresce a
tassi superiori alla nostra.
Giuseppe Pennisi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sta per essere varata la Commissione parlamentare d’inchiesta
sul 'maledetto imbroglio' del Monte dei Paschi di Siena. A questo punto,
sarebbe auspicabile che la Commissione lavorasse e solo successivamente si
decidesse quanti aiuti pubblici erogare, quando e come. Ma, è noto, le
commissioni parlamentari hanno tempi lunghi e, a quel che si sa, il Monte è con
l’acqua alla gola e se dovesse portare i libri in tribunale trascinerebbe con
sé altre banche e una fetta dell’economia italiana. È, in breve, 'too big to
fail' (troppo grande per fallire). Quindi, il supporto a Mps sarebbe necessario
per evitare guai peggiori al resto del sistema creditizio italiano.
Da anni la letteratura economica ha dimostrato che il
paradigma 'too big to fail' non regge. Ci sono casi recenti, e di grande
rilievo, che dimostrano che ci sono altre strade fattibili senza accollare 120
euro a ciascun italiano. Ad esempio nelle prime fasi della crisi finanziaria
iniziata nel 2008 il Governo americano è intervenuto per sostenere Fanny Mae e
Fredd Mac (le due maggiori società per azioni, nate con partecipazione
pubblica, per il mercato dei mutui edilizi) e ha invece lasciato fallire Lehman
Brothers. Le prime due, oltre a essere nate negli anni Trenta su impulso dello
stesso Governo federale e diventate società ad azionariato diffuso nella
seconda metà degli anni Sessanta, erano lo strumento per salvaguardare dallo
sfratto per insolvenza oltre venti milioni di famiglie (di cui si avevano nome,
cognome, indirizzo e montante del debito residuo e relativo tasso di
interesse). Lehman Brothers, invece, aveva giocato sulla teoria del 'too big to
fail' e non rivelava come si fosse ridotta con debiti bancari per 613 miliardi
di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di
639 miliardi.
Gran parte di queste erano – si suppone – operazioni
'riservate' e ad alto rischio. Se Lehman Brothers le avesse svelate alle
autorità federali, e queste ultime al pubblico (perché avrebbe dovuto comunque
comunicarle al Congresso), la finanziaria avrebbe perso, per sempre, la propria
clientela, usa a trattative segrete in eleganti salottini. Se non le avesse
rese note, le regole sulla trasparenza avrebbero impedito anche soltanto di
iniziare a istruire una pratica allo scopo di un eventuale finanziamento
pubblico. I 160 anni della Lehman Brothers si possono vedere nell’ultimo lavoro
di Luca Ronconi che, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano, è in giro per l’Italia
da circa un anno.
La situazione di Mps pare simile a quella di Lehman Brothers:
molte sofferenze sembrano essere con clienti 'speciali' e senza adeguate
garanzie per correntisti, azionisti, e titolari di obbligazioni di vario grado.
C’è un alternativa. Seguire l’esempio della Spagna che si è rivolta, con
successo, al Meccanismo europeo di stabilità, Mes (di cui l’Italia è
contributore). Naturalmente, prima di aprire un eventuale fascicolo, il Mes
avrebbe voluto avere i dettagli su crediti incagliati, insolvenze e
quant’altro. Dati che sarebbero, prima o poi, diventati pubblici. In caso di
fumo di reati , Mes sarebbe stato obbligato a rivolgersi alla procura della
Repubblica italiana per appropriate indagini. Si afferma che ciò avrebbe
comportato una perdita di immagine. Non la hanno percepita cosi gli hidalgo e i
caballero spagnoli le cui banche sono state risanate e la cui economia cresce a
tassi superiori alla nostra.
Giuseppe Pennisi
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