Vi racconto la climatologia delle
pensioni dopo la sentenza della Consulta
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Il commento
dell'economista Giuseppe Pennisi
E ormai noto
il succo della sentenza della Corte Costituzionale sulle cosiddette “pensioni
d’oro”. Degli aspetti giurisprudenziali si è occupato, su questa testata, il collega ed amico Giuliano Cazzola con più
competenza di me.
A mio avviso
più importanti di quelli giurisprudenziali sono gli aspetti “climatologi”, ossia
del “clima” che la sentenza, di cui non è stato pubblicato il dispositivo, fa
percepire. In questi ultimi anni la “neuro-economia” e l’’economia
comportamentale’ affrontano queste dimensioni di soluzioni giuridiche anche
tecnicamente (sotto il profilo della dottrina) perfette. Se ne sta interessando
anche la scienza della politica, specialmente il ramo che studia i sentiments
che portano a determinate decisioni del corpo elettorale.
A mio
avviso, questi aspetti “climatologi” sono molto importanti tanto da costituire
una trappola per il governo. In particolare, la sentenza ha fissato tre paletti
importanti: eccezionalità (della crisi economica), temporaneità e
ragionevolezza. Nel preparare la legge di bilancio, il governo ha una decisione
difficile: se estende il prelievo forzoso, ammette implicitamente che la crisi
economica è almeno tanto eccezionale quanto lo era quando entrò in carica e
quindi dichiara il fallimento della sua politica economica Inoltre, una
misura prorogata per quattro anni cozza con la “temporaneità” e con la
“ragionevolezza”, penalizzando i pensionati più anziani che hanno pagato
contributi pari al 33% dei loro stipendi nella speranza di potere avere le cure
e l’assistenza personale una volta giunti alla terza età. Infine, alimenta il
movimento dei pensionati contro l’Esecutivo alle prossime tornate alle
urne ormai fortemente personalizzate.
Se non lo
estende, dopo avere guidato direttamente o indirettamente una campagna contro
“i pensionati d’oro”, Palazzo Chigi e dintorni si trovano in imbarazzo
con parte delle forze politiche che li sostengono.
Soprattutto,
a ragione o a torto, la sentenza della Corte Costituzionale dà adito a pensare
che sono valide le critiche più pesanti nei confronti del combinato disposto
riforma della Costituzione e nuova legge elettorale: un indebolimento delle
“garanzie” e dei “checks and balances” essenziali in ogni società democratica.
Chi ottiene al primo turno anche solo il 20% del voto (che data la bassa
percentuale di partecipazione può essere pari al 10% degli aventi diritto al
voto) e vince pur di uno solo voto al ballottaggio, fa “asso pigliatutto” e
nomina ed elegge tutti gli organi di garanzia. E’, a torto o ragione, il sentiment
che si avvicina di un Salazar, meno versato in economia del portoghese,
noto cattedratico all’Università de La Coimbra.
Argomento
importante è che la sentenza contraddice orientamenti precedenti della Corte. I
sentiments sarebbe stati differenti se la Corte avesse stabilito che per
il passato “chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato ha dato”, ma posto fine da
oggi ad un prelievo forzoso che tanto assomiglia ad un’imposta di scopo sulle
spalle solo dei pensionati.
Ma ormai
l’autogol è fatto.
07/07/2016
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