Lirica.
Si ride a Caracalla con il
“Barbiere” hollywoodiano
GIUSEPPE PENNISI
ROMA
Rossini aveva sempre un occhio al
botteghino. Ne sarebbe stato lieto: il suo
Barbiere di Siviglia, che il 20 gennaio 1816 alla prima
assoluta al teatro Argentina di Roma era stato un fiasco, ha segnato un record
storico di incassi (182.000 euro), invece, il 18 luglio 2016, nella prima
esecuzione della “ripresa” di una produzione del 2014 alle Terme di Caracalla.
Anche se “ripresa” è un termine improprio: nell’estate rovente di due anni fa
era in corso un duro scontro sindacale e, lo spettacolo andò in scena solo un
pario volte. Ora si replica sino al 10 agosto e molte rappresentazioni segnano
già il “tutto esaurito”.
Il barbiere è essenzialmente una farsa. Non
averlo metabolizzato è stata la ragione per cui, sempre a Roma (dove per il
bicentenario della prima assoluta, il Teatro dell’Opera propone tre differenti produzioni),
ha fatto cilecca quella con la regia di David Livermore. Prima di lui, a
Pesaro, avevano raccolto pochi consensi Luigi Squarzina che nel 1992 ha
ambientato l’opera nel lugubre gabinetto di anatomia dell’Archiginnasio di
Bologna, e Luca Ronconi che nel 2005 fece “volare” attrezzeria e personaggi
dentro qualcosa a metà tra una gabbia e una prigione. Tra i grandi nomi della
regia, solo Jean-Pierre Ponnelle nel 1975 alla Scala si accostò al Barbiere
con grandissima umiltà nella consapevolezza che la combinazione del genio di
Rossini, di Sterbini e di Beaumarchais non necessita altro che assoluta fedeltà
al libretto, alla partitura e quel po’ di “disposizioni sceniche” dell’epoca (e
un’orchestra e cantanti all’altezza) Risate ed applausi, il 18 luglio. Lo
spettacolo è una pura farsa come quella che trionfò al Rossini Opera Festival
nel 2013 quando scena e costumi contemporanei vennero dettati da ristrettezze
finanziarie e il lavoro venne proposto come una «commedia all’italiana anni
Sessanta». Questa volta l’ambientazione è nella Hollywood degli anni ruggenti,
del cinema muto, delle torte in faccia e delle commedie musicali di George
Michael Cohan (idea del regista italo-americano Lorenzo Mariani; scene di
William Orlandi; costumi di Silvia Aymonino) dove tutto avviene al ritmo di gag
irrefrenabili.
Concerta con perizia (e ritmo) il
maestro Yves Abel. Giovani e ancora poco conosciuti i tre protagonisti (Giorgio
Misseri, Almaviva; Teresa Iervolino, Rosina; Mario Cassi, Figaro). Cassi è un
baritono spigliato con grandi capacità attoriali. Iervolino un mezzo-soprano
“anfibio” in grado di raggiungere acuti altissimi e scendere a registri quasi
da contralto. Misseri (che non ha cantato l’impervia aria Cessa di più
resistere) deve controllare meglio il vibrato. Paolo Bordogna (Bartolo),
Mikhail Korobeinikov (Basilio) e Eleonora de la Peña (Berta) anche se giovani,
sono da considerare già veterani dei rispettivi ruoli. Si ride dall’inizio alla
fine. Come voleva Rossini, che non si scompose affatto all’insuccesso al teatro
Argentina. Perché sapeva di aver prodotto un capolavoro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nello spazio delle terme romane
l’opera di Rossini diretta da Lorenzo Mariani fa il record d’incassi. Si
replica fino al 10 agosto. Diverte l’ambientazione da “torte in faccia”
Copyright ©
Avvenire
Powered by TECNAVIA
Nessun commento:
Posta un commento