MPS/ La "traccia
giusta" per il salvataggio
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lunedì 11 luglio 2016
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NEWS Economia e Finanza
Mps. Scrivo da Siena non perché sto
facendo un'inchiesta sulle ultime vicende del Monte dei Paschi (Mps), ma
in quanto, da melomane, sono all'inaugurazione del Chigiana International
Festival (iniziativa tra le più antiche e le più preziose di musica, nata molti
decenni or sono e sempre supportata da Mps). C'è, tuttavia, un nesso tra la
crisi bancaria, i problemi specifici di Mps e il raffinato Festival.
Alcuni
colleghi hanno messo in rilievo come la crisi delle banche italiane parta da
lontano; dalla iattanza con cui esponenti del sistema bancario, degli organi di
controllo e della politica hanno risposto alla prima parte della crisi
finanziaria iniziata nel 2008, vantando il sistema bancario italiano come il
"più solido del mondo". Non so quanti di loro siano andati a Messa la
XIV Domenica di Tempo Ordinario, quando il tema delle letture e del Vangelo è
l'umiltà come virtù dei forti.
Non soltanto
non siamo stati umili, ma gli organi di vigilanza e controllo, gli organi di
gestione delle banche e la stessa politica non si sono resi conto di quello che
stava bollendo in pentola. I manager bancari si attribuivano prebende tra le
più alte al mondo e se alle minacce di tempesta se ne andavano riuscivano a
farsi concedere liquidazioni da Mille e una notte. Pure istituti antichi e
vigilati dalla Banca centrale europea riuscivano a mettere pezze sui loro
pantaloni pieni di rattoppi.
Una delle
determinanti - si è detto - sono state le riorganizzazioni effettuate a partire
della seconda metà degli anni Ottanta, quando oltre 500 istituti sono stati
raggruppati in cinque "poli", mantenendo, però, sostanzialmente
inalterati quelli di interesse locale, più prossimi ai territori da dove veniva
la raccolta e dove facevano investimenti. Una scelta logica che, da un lato,
teneva conto della sempre più marcata internazionalizzazione dei mercati e
dall'altro delle esigenze dei territori. Allora - si è scritto - sono state
prese decisioni errate nella scelta dei management e la vigilanza ha perso
battute anche a ragione della nascita dell'unione monetaria europea.
Credo si
debba andare più lontano. Nel 1993, dopo un quarto di secolo di ricerche
empiriche in Italia, Robert Putman, a lungo preside della Facoltà di Scienze
Politiche dell'Università di Harvard, pubblicò un libro fondamentale
"Making Democracy Work: Civic Tradition in Modern Italy" (Princeton
University Press). La sua intenzione iniziale era studiare perché nell'Italia
degli anni Settanta e Ottanta Regioni tutte con statuti più o meno identici
funzionassero in modo così differente. Seguendo il metodo dello storico
dell'economia, nonché Premio Nobel, John Douglas North, individuò la
determinante principale nelle divergenze di "capitale sociale", da
intendersi come rispetto e fiducia reciproca, ricerca di costruzione comune,
collaborazione e solidarietà all'interno della comunità. Molto forte
nell'Italia centrale e settentrionale (dove il sistema bancario è nato nel
Rinascimento ed è fiorito per secoli) e molto debole nel Mezzogiorno e nelle
Isole.
Si deve
andare più lontano non solo perché numerosi istituti sono nella aree
individuate "ad alto capitale sociale", ma perché nei prossimi giorni
(in ogni caso entro il 29 luglio , data in cui verranno pubblicati gli stress
test sul sistema bancario redatto dalle istituzioni Ue) si troverà un accordo
per due ordini di determinanti. In primo luogo, ci sono dubbi interpretativi
sull'articolo 32 delle regole europee sui dissesti bancari: è in atto sulla
rete un animato dibattito tra giuristi. Tali dubbi possono essere risolti da
una sentenza della Corte di giustizia europa, ma nessuno può aspettare il tempo
che richiede una vertenza del genere. Inoltre, gli Stati del Nord Europa e,
quel che più conta, la Germania temono che il dissesto della banche italiane
abbia la conseguenza di tracimare la neonata (e zoppicante) unione bancaria
europea, con ricadute che potrebbero essere disastrose sull'intera eurozona
(ove non su quel-che-resta-dell'Ue).
Oggi gli
occhi sono tutti puntati sul compromesso in costruzione per permettere aiuti di
stato (più o meno mascherati) e impedire, con il tracollo di Mps e delle sue
sorelle, danni molto seri alla costruzione europea. I mercati lo annusavano già
alla chiusura di venerdì 8 luglio. Sarà un accordo temporaneo giustificato da
circostanze eccezionali. Ma probabilmente destinato a durare a lungo. Tuttavia,
il dibattito degli ultimi giorni su come architettarlo sfiora solo la
superficie.
La domanda
di fondo è come abbiamo disperso il "capitale sociale" rilevato da
Putman e come possiamo cercare di ricostruirlo. A domande di questo genere
vengono date risposte semplicistiche, quali quelle che pongono l'accento sulle
vere o presunte scorribande dei "politici", senza tenere presente che
"politici" e "tecnici" sono parte della stessa classe
dirigente a cui i primi e i secondi accedono per sistemi di selezione molto
simili. Ci dobbiamo porre interrogativi più profondi: come mai nelle stesse
aree dove per secoli c'è stato il "capitale sociale" più virtuoso, e
le banche più sane d'Europa, da qualche lustro imperversa il vizio annidatosi
proprio negli istituti di credito? Una volta risposto a queste domande si sarà
sul piede di partenza per individuare antidoti e cure.
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