Le riforme
strutturali di Katainen e quelle di Renzi
13 - 09 -
2014Giuseppe Pennisi
Jyrki Katainen non è un arcigno avvocato nordico che passa il tempo
con le pandette. E’ invece un simpatico finlandese la cui cordialità hanno potuto apprezzare tutti coloro che erano con lui a
Roma il 14 ottobre scorso nel giorno del suo quarantaduesimo compleanno.
Quando affermò che i trattati dell’unione monetaria dovranno essere riscritti
da capo a fondo perché a quasi un quarto di secolo dalla loro nascita li si sta
“aggiustando” a pezzi e bocconi creando una grande confusione. Ha studiato
Scienze politiche ma in Finlandia il programma di studi ha una componente di
economia molto più forte che in generale in Italia.
E’ coetaneo di Matteo Renzi, ma è difficile vedere
come possano avere un dialogo facile. Matteo Renzi ama “i bagni di folla” ma
lavora con il piccolo gruppo con cui una decina di anni fa organizzò un fine
settimana politico in cui venne tracciata la strada per modernizzare l’Italia.
Il finlandese è molto aperto in sostanza, mentre il fiorentino pare esserlo
solo in apparenza.
Soprattutto hanno una visione molto differente di cosa
significa il termine “riforme strutturali”. Per Renzi, che tra un raduno scout
e una riunione politica, ha studiato diritto amministrativo, le modiche alla
Costituzione, alla legge elettorale, alla normativa sulla pubblica
amministrazione sono “le riforme strutturali” che l’Europa ci chiede. Per
Katainen – lo disse chiaramente il 14 ottobre – si tratta
di “riforme istituzionali” che nulla hanno a che vedere con i trattati e le
richieste europee.
In effetti, nell’UE convivono repubbliche e monarchie,
sistemi presidenziali e parlamentari, meccanismi decisionali basati su
premierati e collegialità, su bicameralismi paritari o meno. Katainen ha anche difficoltà
a comprendere l’accanimento di Renzi nei confronti del Cnel, dato che la
versione finlandese funziona molto e ha contribuito a proposte che hanno
risolto nodi strutturali del Paese quali quelli apparenti dopo la crisi della
maggiore industria ad alta tecnologia.
In effetti, per Katainen e per gran parte degli altri
Commissari e Ministri Economici dell’UE, le riforme “strutturali” di cui si
parla a Bruxelles (e sulle quali l’Italia è in serio ritardo) sono quelle che
riguardano le “strutture” dell’economia. In primo luogo, i mercati dei fattori
(lavoro e capitale) ed in secondo luogo i mercati delle merci e dei servizi. In
terzo luogo, il funzionamento di istituzioni (come pubblica amministrazione e
giustizia) che rilevano sul sistema economico. Secondo i nostri interlocutori,
ci siamo impantanati in riforme istituzionali che stanno rallentando
un’economia già in recessione ma non stiamo facendo nulla di serio in materia
di riforme “strutturali”.
Quindi, siamo in un dialogo fra sordi fatto di monologhi
alterni. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan,
sta benissimo cos’è la differenza tra riforme “istituzionali” e riforme
“strutturali” e cosa ci chiede il resto d’Europa. Ma che peso ha Padoan nel
gruppo ristretto che opera con il Presidente del Consiglio da anni, sin da
quando nel 2004 o giù di lì passarono una fine settimana politico in Toscana al
fine di tracciare un percorso per cambiare l’Italia?
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