domenica 14 settembre 2014

Il debito pubblico insidia anche per l’Italia in Avvenire 14 settembre



Il debito pubblico insidia anche per l’Italia


GIUSEPPE PENNISI Il referendum sull’indipen­denza della Scozia avrebbe implicazioni molto serie per l’intera Unione Europea e per l’Italia, in particolare.

In primo luogo, il nuovo Stato po­trebbe “ripudiare” la sua parte di debito pubblico britannico (143 miliardi di sterline, 230 miliardi di euro), garantito dalla Bank of En­gland. Ciò creerebbe un vero e proprio caos sui mercati finanzia­ri. L’Italia rischierebbe di essere u­no degli Stati dell’Ue più colpiti a ragione dell’elevatissimo rappor­to tra debito pubblico e Pil. Lo sot­tolinea l’Eurasia Group, un’auto­revole azienda internazionale di consulenza.

In secondo luogo, la secessione del­la Scozia metterebbe in moto un movimento centripeto che circa vent’anni fa, quando si comincia­va a negoziare l’unione monetaria, era stato previsto, in lavori distinti, da Martin Feldstein, a lungo presi­dente del National Bureau of Eco­nomic Research americano, e da Alberto Alesina, Enrico Spolaore e Romain Wacziarg (in un saggio pubblicato dall’American Econo­mic Review e considerato un clas­sico del genere). Nella Ue, sono soprattutto i catala­ni, i baschi ed i còrsi che, in caso di successo del referendum, si appre­stano a seguire il tracciato degli scozzesi, ma , secondo un’inchie­sta del NewYork Timesapparsa l’11 settembre, anche movimenti se­paratisti veneti starebbero facen­do qualche pensierino. Molto più complesso l’impulso che l’esito da­rebbe a movimenti della Comunità di Stati Indipendenti (ossia alle Re­pubbliche uscite da quella che era la Urss).

Ciò aggraverebbe le tensioni inter­nazionali già in atto. In terzo luogo, l’ingresso della “nuova” Scozia nel­l’Ue non è automatico – come ha ricordato in più di un’occasione l’ex presidente della Commissione Eu­ropea José Manuel Barroso, sen­tendosi ribattere, dagli “indipen­dentisti” che, ai sensi dell’articolo 48  del Trattato Ue si tratta quasi di un “atto dovuto”. La possibile (e già ventilata) richiesta di adesione al­l’eurozona (per smarcarsi ancora di più da Londra) ha ramificazio­ni molto vaste. Sulle scrivanie dei neo Commissari europei , c’è un’a­nalisi approfondita di un esperto davvero esterno, Lisa Tripp della John Marshall Law School di A­tlanta, un’autorità in materia di di­ritto internazionale dell’economia e della finanza.

Secondo il lavoro, la “nuova” Sco­zia porrebbe all’unione monetaria problemi e difficoltà analoghi a quelli avuti con la Grecia (ed anco­ra non del tutto risolti). Se per un motivo od un altro, le si apre la por­ta, il Paese più fragile, ed il primo ad essere contagiato, sarebbe l’Italia.

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