I tagli di Renzi
sono differenti dai tagli di Tremonti?
04 - 09 - 2014Giuseppe Pennisi
I “tagli di Renzi” saranno probabilmente al centro del
dibattito politico nei prossimi giorni. E’ quindi doveroso per un economista
spiegare, sine ira ac studio, in che misura si differenziano dai
“tagli” alla spesa pubblica messi atto quando Giulio Tremonti era il
ministro dell’Economia e delle Finanze e vennero criticate riduzioni di spesa
di questa natura (ossia ponendo a ciascun dicastero un obiettivo complessivo di
contenimento senza analizzare, secondo metodi e tecniche concordati ed
uniformi, le priorità sotto il profilo macro economico, micro economico e
sociale).
Da allora – si era nel 2002 – alcuni aspetti chiave
sono mutati:
a) In primo luogo, il governo dispone di un documento
(purtroppo è stato deciso di non renderlo pubblico) di un Commissario alla
revisione della spesa che ha individuato puntualmente 15-20 miliardi di spese
non necessarie specialmente nel “socialismo regionale, provinciale municipale”
e negli enti (strumentali e di ricerca) di Ministeri. E’ un ampio campo su cui
operare sulla base di cifre certe e di valutazioni precise su duplicazioni e
inutilità economica e sociale di interventi. Numerosi di queste voci non
appartengono alle “competenze” delle amministrazioni centrali, ma non sarebbe
difficile (di fronte all’indignazione dell’opinione pubblica) convincere il
Parlamento a varare, al più presto, una norma di “surroga”, in base alla quale
se le autonomie non effettuano le razionalizzazioni necessarie entro il 31
dicembre il governo utilizza poteri sostitutivi dal 1 gennaio.
b) Nuove metodologie di valutazione della spesa sono
state varate dal Cnel nel 2012 ed hanno avuto il consenso dei maggiori
ministeri nonché delle istituzioni finanziarie internazionali. Purtroppo
esponenti della Cgil al Cnel hanno chiesto che il lavoro non venisse
proseguito; è sta alla Segreteria della Cgil chiedere ai suoi nominati
spiegazioni in proposito. Tuttavia, sulla base del lavoro Cnel ed in
collaborazione con gli enti di ricerca di alcune regioni, l’UVAL (Unità di
Valutazione), ora operante nell’agenzia per la coesione territoriale (quindi in
seno alla stessa Presidenza del Consiglio) ha completato in luglio un
aggiornato buon manuale della valutazione della spesa per ora disponibile
(anche al Presidente del Consiglio) su supporto telematico (è in corso l’approntamento
dell’edizione a stampa). Quindi, esiste lo strumento per affrontare la
riduzione della spesa distinguendo da quella “socialmente produttiva” (nel
lessico dell’economia del benessere) a quella “socialmente improduttiva”.
L’Istat inoltre sta aggiornando la matrice di
contabilità sociale, essenziale per quantizzare effetti economici e sociale
delle riduzioni di spesa. Strumentazione di cui non si disponeva né nel 2002 né
nel 2008. Dunque, il problema potrebbe affrontato selettivamente, e su base
qualitativa, come venne fatto in Francia con il programma de “rationalization
des choix budgettaires”. Sono ovviamente disponibile a fornire a Palazzo
Chigi ed a Palazzo Vidoni le informazioni tecniche del caso, ma la Ragioneria
Generale dello Stato del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha tutti i
dati necessari.
A tali aspetti salienti se ne aggiungono altri, più
tecnici. Tuttavia, proprio in base ai lavori, è possibile pure quantizzare le
implicazioni di un ulteriore anno di blocco delle retribuzioni pubbliche in
un’Italia che, dati della Commissione Europea alla mano, ha subìto una
“svalutazione fiscale” del 30%. E’ un aspetto importante anche perché non
avere, precedentemente, diminuito drasticamente i costi della politica
(rimborsi elettorali, indennità per Governo e Parlamento) rischia, secondo i
manuali di neuro economia, di aggravare tensioni e costi sociali. Ci si affidi
a chi sa trattare la materia non a certi martelli che hanno indossato tutte le
casacche ed ora si aggirano per Palazzo Vidoni.
Nessun commento:
Posta un commento