giovedì 12 gennaio 2012

IL TAXI BIANCO E IL TAXI COLOR MALVA Il Velino 12 gennaio

IL TAXI BIANCO E IL TAXI COLOR MALVA
Roma - L'insegnamento irlandese sulle liberalizzazioni
Edizione completa
Stampa l'articolo
Roma - “Un taxi mauve” è il titolo di un romanzo di successo del narratore cattolico Michel Déhon. Si svolge nell’Irlanda degli Anni Settanta, isola verde ed allora a basso reddito; non era ancora diventata la “tigre celtica”, rampante in seguito all’accesso all’Unione Europea (Ue). I taxi erano pochi, rigorosamente contingentati e tutti di colore nero. L’eccezione era il taxi color malva col quale i protagonisti traversano il Paese alla ricerca di se stessi. Oggi in Irlanda il taxi color malva non c’è più. I taxi non sono più tutti neri. Sono numerosi, spediti e danno lavoro a tanti micro-imprenditori. Ciò è avvenuto a ragione di una sentenza della Corte Costituzionale, nel 2000, dopo estenuanti (ed inconcludenti) trattative tra le autorità (a differenti livelli di governo) ed i rappresentanti della categoria. Le associazione di tutela dei consumatori si sono rivolte alla suprema magistratura. Le motivazioni della sentenza ed un’analisi delle sue implicazioni economiche sono riassunte nel saggio di Sean Barret della Università di Dublino pubblicato alle pp. 34-40 del trimestrale “Economic Affairs”. Eloquente il titolo: "Regulatory capture, property rights and taxi deregulation: a case study" (“Cattura delle regole, diritti di proprietà e deregolazione dei taxi: un caso di studio”).


La Corte fa riferimento non solo al principio della non-discriminazione (analogo a quello sancito all’art.3 della Costituzione italiana) ma anche al “titolo”, per chi ne ha la formazione e capacità, di avere accesso al settore ed a quello, speculare, dei cittadini di acquistare i servizi dal migliore offerente (se fornisce garanzie di professionalità): sono “titoli fondamentali”, tutelati dalla Convenzione dei Diritti dell’Uomo che ha da poco compiuto 200 anni ed a cui Irlanda (ed Italia) aderiscono. Leggi e regolamenti che limitavano l’accesso alla professione sono stati immediatamente abrogati, il numero di taxi è triplicato, l’occupazione nel settore quadruplicata (secondo alcuni, quintuplicata). Ad un’analisi dei costi e dei benefici sociali (relativa, quindi, al benessere della collettività ed in particolare dei più poveri) la deregolazione risulta avere avuto un tasso di rendimento interno del 30%; tra i benefici, sono stati computati unicamente la riduzione dei tempi di attesa per gli utenti e l’incremento dell’occupazione. I vantaggi maggiori sono andati agli strati a più basso reddito della popolazione. Gli svantaggi finanziari a chi ha perso rendite di posizione. Dopo alcuni anni, nel mezzo della crisi finanziaria, si è tornati ad una regolamentazione molto semplice: oggi nella Repubblica, la cui popolazione è analoga a quella di tutta Roma, ci sono 40mila taxi “autorizzati”, cinque volte il numero di quelli in circolazione nella nostra Capitale.


Non sappiamo se le nostre associazioni dei consumatori sceglieranno la via giudiziaria (sino alla Corte Costituzionale) per risolvere il nodo dei taxi nelle grandi città italiane ed in particolare a Roma. Non sappiamo se i giudici italiani seguiranno l’orientamento dei loro colleghi irlandesi (nonché di quelli di Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Benelux e sette dei nuovi Stati membri dell’Ue). Siamo consapevoli del danno finanziario che una liberalizzazione dall’oggi al domani porterebbe a chi ha appena acquistato una licenza a caro prezzo (prassi frequente anche se, dicono i giuristi, illegale). Chi difende l’esistente perde, comunque, sempre. Chi guarda all’eterno passato perde male: in un bel libro sui Rajput, Luciano Pellicani ricorda cosa è successo anche ai valorosi principi indiani. Ci pensi chi è alla guida di un taxi bianco. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 12 Gennaio 2012 15:18

Nessun commento: