I LIBRI DEI MINISTRI – IL GABINETTO
DUBBI AMLETICI A PALAZZO. BANCHIERI E CRESCITA NELL’OCSE
Giuseppe Pennisi
Sono numerosi i Ministri che alla vigilia (pare) di un CdM in cui si dovrebbero prendere decisioni cruciali sul futuro della crescita del Paese (puntando sulle liberalizzazioni), si passano testi rari, ma sul punto di uscire dalle curiosità “accademiche” (da non considerarsi in tono dispregiativo) e finire sulle pagine dei giornali (non sempre un privilegio). Mentre l’Italia è paralizzata dalle proteste tassisti.
In breve, negli ultimi giorni circolano lavori che sfidano un testo fondamentale di tre economisti italiani expratriés: Antonio Merlo dalla University of Pennsylvania, Vincenzo Galasso del CESifo di Monaco (ma in cattedra alla Bocconi), Massimiliano Landi della Singapore Management University, e Andrea Mattozzi dell’Istituto Universitario Europeo. Per anni hanno studiato il mercato del lavoro dei politici italiani (si veda il loro PIER Working Paper N.09-024) con analisi statistiche che partono dal lontano 1948 ed arrivano ai giorni nostri. Con conclusioni poco entusiasmanti sulla selezione del ceto politico italiano e sulle sue trasformazioni (non in meglio) nel passare dei decenni. A risultati simili sono arrivati Raymond Fishman, Nikolai Harmon , Emir Kamenika e Inger Munk nel NBER Working Paper No. W17726 appena pubblicato in cui il campione riguarda i Parlamentari Europei. Se il problema è europeo (e non solo) parte spalancate ai tecnici selezionati da rigorosi concorsi accademici e da dimostrate capacità d’impresa.
Un lavoro di Gunther Capelle-Blancard e di Claire Labonne, che l’Ocse ha diramato in versione ristretta, ha inserito un forte dubbio in quella che sembrava essere una certezza: la società civile ed il mondo della finanza farebbero molto meglio. Il titolo è eloquente: “More Bankers, More Growth? Evidence from OECD countries” (“Banchieri e crescita nell’OCSE). Il quadro che se ne trae è scoraggiante: non c’è affatto una correlazione positiva tra l’espansione e l’approfondimento del settore bancario e la crescita. Ergo, i banchieri non sono necessariamente buoni piloti delle politiche di sviluppo.
Specialmente se direttamente o indirettamente cedono alle lobby, come conferma Martin Gregor nella rassegna della letteratura sui gruppi di pressione appena apparsa nell’IES Working Paper No. 32/2011. In particolare, se si cede su liberalizzazioni di aziende o categorie protette. Dalla lontana ma prestigiosa Charles University di Praga è giunto questa settimana un lavoro di Jan Bena e Evangela Vourvachaki – CERGE –EI Working Paper No. 452 in cui, sulla base di uno studio empirico, si giunge a stimare che un ben modulato programma di liberalizzazioni può portare in alcune aziende aumenti di produttività sino al 38%
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