giovedì 17 novembre 2011

Una “Semiramide” trasgressiva inaugura il San Carlo in Quotidiano Arte 18 Novembre

Questa sera

Una “Semiramide” trasgressiva inaugura il San Carlo
Giuseppe Pennisi
Serata in grande spolvero al San Carlo questa sera per l’inaugurazione di una stagione lirica ricca di titoli (dieci opera e la riapertura del delizioso Teatro di Corte dentro Palazzo Reale).
Si inizia alle 19, alla presenza del Capo dello Stato, con una edizione trasgressiva di “Semiramide” di Gioacchino Rossini così voluta da Luca Ronconi (direzione drammaturgica) e Gabriele Ferro (direzione musicale). Molti nudi in scena – ormai una caratteristica della lirica. Ricordiamo che “Sémiramis”, tragedia in cinque atti di Voltaire, è un apologo della corruzione assoluta derivante dal potere assoluto. Nelle mani del librettista Gaetano Rossi e del trentenne Gioacchino Rossini, cattolico rigoroso nell’osservanza di nove comandamenti (dei dieci nella tavole di Mosè), diventa un drammone passionale.

Nell’antefatto, Semiramide ha ucciso il proprio marito Nino, con l’ausilio del proprio amante Assur, che ha fatto anche sparire l’erede al trono, Ninia. Passano anni (ed amanti), i sacerdoti impongono alla regina-dittatora di scegliersi un marito per la assicurare la successione. La scelta piomba sul giovane e bel generale Arsace (richiamato dal Caucaso). Pur se innamorato della fanciulla Arzena, Arsace non disdegna di apprendere dalla più matura regina a fornicare e a dedicarvici parte del primo atto. Nel secondo, però, apprende di essere Ninia: Semiramide e Assur sono, quindi, gli assassini di suo padre (la cui ombra lo tormenta). Decide di vendicarsi dell’uomo e di interrompere il rapporto incestuoso con la madre. Nel buio, però, pugnala a morte la seconda; al primo badano i sacerdoti; con Azema porta pace, e fertilità, al Regno. Rossini affrontò questo pasticcio a tre anni da quel “Maometto” napoletano che cambiò la sua vita professionale: da quattro opere l’anno a meno di una, nonché il ritiro dalle scene a soli 37. Sotto il profilo musicale, la vicenda diventò l’esaltazione del rapporto passionale-carnale (tema già centrale in “Armida” e in “Bianca e Faliero” ma mai più ripreso da Rossini, nonostante l’“opéra érotique”, “Le Comte Ory”).
L’opera venne composta su misura per Isabella Colbran (allora prossima alla quarantina ma con cui aveva un rapporto passionale da quando lui era 22enne e lei sui 30 anni, nonché diventata sua moglie dopo averne condiviso il letto con l’impresario Babaja, datore di lavoro di ambedue).
“Semiramide” è una “tragédie lyrique” che precorre il “bel canto” belliniano, nonché nesso essenziale per il melodramma donizzettiano e verdiano. Per questo restò in repertorio nell’Ottocento e inaugurò l’Opera di Roma nel 1880.

La versione andata in scena alla Fenice nel 1823 durava quasi cinque ore a ragione di lunghi recitativi parlati (a sipario chiuso) per facilitare i cambiascena. Le registrazioni in commercio vanno dai 180 ai 240 minuti. A Roma sei anni fa, Gelmetti ha leggermente limato l’edizione critica di Gossett e Zedda per portare lo spettacolo a 220 minuti di musica e 20 di intervallo. Al San Carlo, si starà in teatro tre ore e mezza con un unico intervallo.
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