giovedì 10 novembre 2011

"Giovntù Bruciata" Fin de Siècle: Evgenij Onegin a Roma" Il Riformista 11 novembre

“GIOVENTU BRUCIATA”
FIN DE SIECLE:
“EVGENIY ONEGIN” A ROMA
\ Beckmesser


Per alcuni giorni il Teatro Imperiale di San Pietroburgo, il “Mariinskij”, è a Roma ospite dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. La visita , programmata nell’ambito dell’Anno Italia-Russia 2011, è particolarmente importante non solo perché si tratta dei complessi sinfonici e lirici più importanti della Federazione Italia Russia ma anche perché Roma fu una delle prime tappe di una tournee internazionale che vent’anni fa rilanciò il Mariinskij a livello internazionale. Il teatro stava per chiudere in seguito al cambiamento di regime economico ma l’allora giovanissimo direttore d’orchestra Valery Gergiev riuscì a tenere i complessi artistici e tecnici insieme ed a finanziarli con una serie di tournee , iniziate proprio a Roma. Oggi, il Teatro Imperiale non è solo tornato all’antico splendore ma ogni giugno ospita “Il Festival delle Stelle delle Notti Bianche”, un mese di eventi tra i più apprezzati in Europa.
In “residence” al Parco della Musica, offre due concerti mahleriani “Evgenij Onegin” di Ciajkovskij in versione di concerto. Successivamente Gergiev resterà a Roma per tre sere mahleriane con i complessi di Santa Cecialia.
Soffermiamoci di “Onegin” presentato il 9 novembre. Un cenno all’intreccio (l’opera vista un lustro fa alla Scala manca da almeno dieci anni dall’Opera di Roma anche se un allestimento nato a Bologna nel 1990 ha girato per numerosi teatri per una dozzina d’anni). Onegin è uno scapolo troppo bello, troppo altero e troppo brillante per cogliere le occasioni che la vita gli offre (l’amore di Tat’jana) offende il miglior amico (Lenski) per scherzo; sempre per scherzo, duella con lui e lo uccide; quando cerca di nuovo Tat’jana, viene respinto poiché ormai donna matura , per quanto ancora di lui innamorata, ha deciso di restare fedele al proprio anziano marito. Nel primo e nel secondo atto Onegin e Lenski hanno 23 anni e Tat’jana 16 anni; il terzo si svolge quattro anni più tardi. Allora, “si concludeva” in più giovane età rispetto ai canoni di oggi. La splendida (e morbosa) partitura di Ciajkovskij guarda alla grande musica francese ed italiana di fine Ottocento, distanziandosi dalla “scuola nazionale russa” allora in formazione: “Evgenij Onegin” è un’elegia alle occasioni mancate, alla felicità che “era a portata di mano” ma non si è saputo cogliere. E’un dramma intimo della “gioventù bruciata” dell’aristocrazia di campagna russa nella seconda metà dell’Ottocento.
Nella versione per concerto lo si avverta più che nelle produzioni oleografiche di questi ultimi anni. Il cast è, per lo più, giovane, Gergiev dirige con passione senza partitura e senza bacchetta, enfatizzando gli aspetti tardo romantici della partitura. Giovani, di bell’aspetto ed bravi attori (recitano anche se non c’è una scena) anche quasi tutti i protagonisti: Vladislav Sulmmsky è un Onegin dalla voce morbida, Irina Mateava una Tat’jana che può aspirare a sostituire Mirella Freni nel ruolo che è stato il cavallo di battaglia di quest’ultima, Ekaterina Semenchu una Olga (sorella di Tat’jana) in grado di arrivare ad ottave anche molto profonde. Straordinario, Sergey Senshkur nel ruolo di Lenski , con una timbro chiaro ed un fraseggio perfetto. Sala Santa Cecilia stracolma e venti minuti di applausi.

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