mercoledì 2 novembre 2011

I “GIOCHI” DI BERLUSCONI, MERKEL, SARKOZY E TANTI ALTRI in Il Velino 3 novembre

I “GIOCHI” DI BERLUSCONI, MERKEL, SARKOZY E TANTI ALTRI
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Roma - La “teoria dei giochi” a più livelli aiuta a spiegare quello che sta avvenendo sui mercati e come i protagonisti (politici) possono cercare di plasmare i propri comportamenti. Dalla Merkel, a Sarkozy, da Berlusconi a Papandreou (per citare alcuni degli “eletti” più importanti) , da Barroso a Draghi (per ricordare i “nominati” di maggior rilievo) sono tutti alle prese con quello che in una nota commedia di George Bernard Shaw viene chiamato “Il Dilemma del Dottore”, il titolo del “play”. Nel lavoro il protagonista, un medico, è posto di fronte a una difficile scelta: se salvare la vita al marito della propria amante o far sì, con mera inazione, che quest’ultima diventi vedova per convogliare con lei a nozze. Un dilemma analogo è quello che ha il cancelliere tedesco Angela Merkel: se incrociare le braccia, smettere (come vorrebbero i suoi elettori) di essere il prestatore d’ultima istanza dell’eurozona e, in effetti, mandare a gambe all’aria alcuni Stati dell’area dell’euro, e forse la stessa unione monetaria come la conosciamo adesso. Inoltre, Angela Merkel è alle prese con lo stesso dilemma di Otto Bismarck: la Germania imperiale guglielmina era, come quella di oggi, talmente centrale e talmente pesante in quello che allora veniva chiamato il “consesso europeo” che qualsiasi sua azione (specialmente di politica economica) incideva su tutto il resto d’Europa; al tempo stesso, però, non era così grande da potersi prendere cura dei problemi di tutto il consesso: impedire, ad esempio, il susseguirsi di guerre balcaniche, frenare il protezionismo imperfetto allora nascente, far evolvere armonicamente e positivamente l’unione monetaria “latina”, formata nel 1865 da Francia, Belgio, Italia e Svizzera (a cui si aggiunsero Spagna, Grecia, Romania, Austria-Ungheria, Bulgaria, Venezuela, Serbia, Montenegro e San Marino) e sciolta nel 1927. La commedia di Shaw ha un finale agrodolce: il marito muore, ma allora la vedova scopre di esserne sempre stata perdutamente innamorata, pur sposando poi il dottore perché tanto lei quanto il defunto hanno sempre considerato il matrimonio come l’unica perenne istituzione in un mondo pieno d’incertezza. Il dilemma di Bismarck ebbe, invece, un finale cruento: la Prima Guerra Mondiale e la fine dell’unione latina - a cui la Germania non aveva mai aderito - e che avrebbe potuto essere la base per un processo d’integrazione europeo che avrebbe allontano un lunghissimo conflitto, interrotto da un armistizio di vent’anni.


Angela Merkel non è la sola a dover dare una risposta ai propri dilemmi. Ne hanno analoghi gli altri. Berlusconi, ad esempio, si chiede se deve applicare subitissimo le misure nella “lettera di intenti” di alcuni giorni fa e aggiungerne altre per tagliare il debito (il nodo centrale dell’economia italiana) o cercare di coinvolgere parti sociali , altre forze politiche e Parlamento. Tutti passaggi che prendono tempo e i cui esiti sono imprevedibili (come provano le vicende del povero Papandreou che ha giocato così male le sue carte da restare in braghe di tela). Si tratta di giochi su più tavoli in cui ciascun partecipante gioca su un tavolo la propria ‘popolarità’ (con l’elettorato) e su un altro la propria ‘reputazione’ (con il resto del mondo). Il gioco è molto complesso perché i partecipanti e i tavoli sono numerossimi. La teoria dei giochi ci insegna che quando si gioca su più tavoli con obiettivi differenti, con un sistema di equazioni alle differenze finite si può giungere a un equilibrio in cui si massimizzano ‘popolarità’ e ‘reputazione’ (o altri obiettivi). Le relazioni economiche e politiche, però, non si assoggettano molto bene ai sistemi di equazioni. Contano gli umori, le sensazioni, il grado reciproco di stima e fiducia.


Come dipanare la matassa? Il progetto d’integrazione europea ha sempre ondeggiato tra due visioni: una liberista (di apertura all’interno dell’Ue e nei confronti del resto del mondo) e una protezionista (quella della fortezza “Europa”). Il cancelliere Merkel è chiaramente espressione della prima di queste due visioni: può risolvere i propri dilemmi (e quelli altrui) ponendo chiaramente le scelte sul tavolo. Gli Stati che si sono messi nei guai (Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e anche Italia) devono porsi al passo con gli altri. Altrimenti, l’intero edificio (peraltro mal costruito come documentai in un saggio del 1999 pubblicato da ‘La Rivista di Politica Economica’ che, nel conformismo imperante, diede una vera propria di coraggio) crollerà. Anche perché - come spiegano “The Economist” del 28 ottobre e “The New York Times” di questa mattina (ambedue distinti e distanti dalle comari dell’euro) - è stato puntellato piuttosto male. (ilVelino/AGV NEWS)
(Giuseppe Pennisi) 02 Novembre 2011 13:48

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