giovedì 24 novembre 2011

Il piano? Una politica di bilancio comune in Avvenire del 25 novembre

Il piano? Una politica di bilancio comune


DI GIUSEPPE PENNISI

I l «patto di Strasburgo» del 24 novembre 2011 rappresenta una svolta significativa, la cui portata esatta potrà essere valutata al termine del Consiglio dei Capi di Stato e di governo dell’Unione europea del 9 dicembre. I trattati relativi all’Unione monetaria (da quello di Maastricht, al «patto di crescita e sta¬bilità », al protocollo interpretativo del 2005 al recentissimo «Accordo euro plus») verranno modificati seguendo in gran misura la propo¬sta della Commissione europea N.11/822 di-ramata il 23 novembre, ora all’attenzione del¬le diplomazie. Il negoziato verrà guidato da Francia, Germania e Italia, i cui leader ne han¬no recepito i punti essenziali.

I numerosi aspetti tecnici potranno mutare nel corso della trattativa. La modifica verreb¬be effettuata per mezzo di due regolamenti che, in base all’art.136 del Trattato di Lisbo¬na, verrebbero recepiti nella normative na¬zionali.

Il primo regolamento si applicherebbe a tutti gli Stati dell’eurozona e modificherebbe le pro¬cedure per il 'semestre europeo'. In breve, gli schemi di leggi di stabilità (le 'leggi finanzia¬rie' di un tempo) e di bilanci di previsione del¬lo Stato dovrebbero essere sottoposti al vaglio della Commissione e del Consiglio in autun¬no in modo che vengano valutati nelle loro ri¬cadute sull’eurozona. In caso di timore di 'di¬savanzi eccessivi', la Com¬missione formulerebbe 'raccomandazioni' che u¬nitamente alle risposte del¬lo o degli Stati in questione verrebbero sottoposte al¬l’esame collegiale dei Mi¬nistri economici e finan¬ziari dell’euro. Evidente l’o¬biettivo: andare a tappe ve¬loci verso una politica di bilancio comune. La materia è delicatissima perché in democrazie parlamentari si toglie¬rebbe al Parlamento il diritto-dovere di avere la prima e l’ultima parola sui conti pubblici.

Il secondo regolamento varerebbe procedure più rigorose di monitoraggio per gli Stati in difficoltà, ma aprirebbe anche uno sportello di assistenza finanziaria europea per facilita¬re il riassetto e di conti pubblici e di nodi strut¬turali attinenti all’economia reale. L’assisten¬za finanziaria comporterebbe la preparazione ed attuazione di un programma di riforme ed un monitoraggio ancora più meticoloso ('enhanced surveillance') co-gestito dalla Commissione e dalla Banca centrale europea che, se del caso, porte¬rebbero all’attenzione di ministri dell’Eurozona misure specifici che gli Stati sottoposti a «enhan¬ced surveillance» dovreb¬bero adottare. L’«enhan¬ced surveillance» verreb¬be alleggerita quando lo Stato ha restituito il 75% dell’assistenza rice¬vuta.

E la crescita? Viene affidata in gran misura a¬gli «stability bonds», in merito ai quali la Ger¬mania (ed altri) esprimono però ancora mol¬te perplessità se non contrarietà.

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In pratica, si toglierebbe ai Parlamenti dei singoli Paesi il diritto-dovere di avere la prima e ultima parola sui conti pubblici nazionali

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