martedì 22 novembre 2011

EUROBONDS in Avvenire del 22 novembre

EUROBONDS
Giuseppe Pennisi


1. Cosa sono e come funzionano in genere gli eurobonds

Sino ad ora, gli unici “eurobonds” sul mercato sono quelli emessi da istituzioni finanziarie europee come la Bei e la Bers. Al pari di quelli emessi da altre istituzioni finanziarie internazionali (il Gruppo Banca mondiale, le Banche regionali di sviluppo) sono sostanzialmente “project bonds” , garantiti da tutti gli Stati membri delle pertinenti istituzioni ma destinati al finanziamento di progetti d’investimento- in certi casi pure partecipando a capitale di rischio. In effetti, più importante della garanzia degli Stati “soci” delle istituzioni in questione, è la qualità degli investimenti finanziati sulla base di progetti sottoposti a rigorosa analisi finanziaria ed economica tanto ex-ante quanto ex-post (sia a completamento della fase di cantiere sia dopo un certo numero di anni di operatività a regime). Per questa ragione, i rapporti di valutazione ex-ante ed ex-post hanno di norma vasta distribuzione e sono, comunque, accessibili.

2. Quanti tipi di eurobonds esistono?

Se la proposta della Commissione Europea non verrà cambiata all’undicesima ora (il”Libro Verde” è già stampato e circola tra gli addetti ai lavori), i nuovi “eurobonds” del futuro si affiancheranno ai “project bonds” in circolazione da decenni. Per evitare confusione, viene proposto un nuovo nome “stability bonds che enfatizza il loro ruolo macro-economico. Il “Libro Verde” presenta tre opzioni senza prendere posizione: a) “stability bonds” per sostituire tutto il debito dell’eurozona con garanzie in solido di tutti gli Stati membri; b) “stability bonds” per sostituire parte del debito (ci possono essere numerose variazioni sul tema) con garanzie in solido; c) “stability bonds” per sostituire quote del debito nazionale con garanzia pro-quota di ciascun Stato membro.

3. Chi li ha proposti per primo nella storia?


Occorre dare atto alla Commissione Europea di avere presentato proposte innovative. Sino ad ora, gran parte delle proposte presentate in passato (pure i mai decollati “Ortoli bonds” ed i “Delors bonds” ) riguardavano essenzialmente le spese per investimento , in particolare le grandi infrastrutture inter-europee. Le più recenti proposte Junker-Tremonti e Prodi-Quadro Curzio concernevano principalmente il nuovo indebitamento (tra cui il rifinanziamento dello stock di debito in essere man mano che vecchie emissioni giungevano a scadenza) ed anche i grandi progetti d’investimento. Queste nuove proposte sono state , poi, delineate ma non declinate nei loro aspetti tecnici. La documentazione, in italiano, forse più completa è nel “Dossier Eurobonds” del centro studi Astrid consultabile a www.astri-online.it , a cui si rimandano gli interessati.

4. Come potrebbero contribuire a risolvere la crisi del debito?

“Socializzando” tutto o parte lo stock di debito pubblico si abbasserebbe il costo di rinnovo dello stock di debito per gli Stati ritenuti maggiormente “a rischio”, a torto od a ragione, da parte dei mercati internazionali. Il sollievo per Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna e – da alcune settimane- Italia sarebbe molto significativo. A mio giudizio, anche ove si adottasse la versione più estrema di quelle proposte dalla Commissione Europea – “stability bonds” per tutto lo stock del debito pubblico - , Stati fortemente indebitati come l’Italia dovrebbero mettere in atto anche strumenti nazionali (come il fondo “taglia debito” delineato su Avvenire del 6 novembre). Non possiamo aspettarci che una “manna europea” cada dal Cielo per risolvere i problemi che ci siamo creati con le nostre mani.

5. Quali tipologie di “stability bonds” hanno più probabilità di decollare in questa fase?

La terza accezione tra quelle citate in precedenza. Occorre pensare che i primi “Federal Bonds” americani sono stati emessi per finanziare il debito di guerra della prima guerra mondiale, ossia circa un secolo e mezzo dopo la creazione degli Stati Uniti ed oltre 50 anni dopo la guerra di secessione. I tempi della politica e dell’economia si sono, senza dubbio, accorciati ma è difficile pensare che gli Stati che si considerano “virtuosi” siano pronti a garantire in solido i debiti di quelli che essi giudicano “discoli”.

Gli Eurobonds della Commissione Europea

Nelle tre grandi categorie di “stability bonds” vengono delineate numerose variazioni. L’alternativa più prudente prevede emissioni congiunte di nuove obbligazioni con garanzie parziali di ciascun emittente, che resterebbe comunque responsabile per lo stock in essere. Quindi la trasformazione da debito “nazionale” a debito “europeo” sarebbe molto graduale con almeno due tipologie coesistenti.


Gli Eurobonds Tremonti – Junker

La proposta lanciata sul Financial Times del 6 dicembre 2010 proponeva un’Agenzia Europea per il Debito che avrebbe emesso eurobonds con garanzia in solido dell’eurozona e riscattato i debiti degli Stati più in difficoltà. Venti anni prima una proposta analoga era stata formulata nel rapporto presentato da Bettino Craxi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nella veste di Rappresentate Speciale del Segretario Generale ONU per il debito dei Paesi in via di sviluppo. Le due proposte restarono sulla carta.


. Gli Uni-Eurobond di Quadrio Curzio e Prodi

Delineata sul Sole-24 Ore del 17 luglio 2011 e presentata con maggiori dettaglio il 23 agosto, la proposta è la più simile agli “stabilty bonds” ora lanciati dalla Commissione Europea. Avrebbe avuto due volti (il finanziamento di grandi progetti e la riduzione dell’onere del debito). A ragione di questo duplice aspetto il dibattito si è complicato ma può a buon diritto essere considerata come precorritrice del “Libro Verde” che tutti potremo leggere mercoledì 23 novembre.

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