InScenaA Milano va in scena una donna (senza) lago di Giuseppe Pennisi
Quando, dopo l'introduzione orchestrale, si leva il sipario, i ruvidi ribelli scozzesi e le truppe governative vestiti in frac intonano inni bellicosi, le loro donne indossano abiti lunghi anni Trenta e tutti sorseggiano champagne. Il lago appare brevemente in un fondale dipinto e nel duetto «barcarole» Juan Diego Flórez e Joyce DiDonato passeggiano sul palcoscenico invece di attraversare il lago in barca.
Questo è il fulcro della discussa drammaturgia della rossiniana La donna della lago per la regia di Lluís Pasqual, con le scene di Ezio Frigerio e i costumi di Franca Squarciapino, coprodotta dalla Scala (in scena fino al 18 novembre) con l'Opéra di Parigi e il Covent Garden di Londra. Mancano le rupi, i ruscelli e le cascate evocati dalla musica di Rossini e nelle scene di battaglia il coro in frac sembra in un tabarin, mentre i solisti indossano vesti rinascimentali. Ottima la recitazione ma l'azione è appena accennata. Fortunatamente, la direzione musicale di Roberto Abbado, le voci e il coro guidato da Bruno Casoni offrono un'interpretazione memorabile di un lavoro importantissimo che richiede un «soprano anfibio» in grado, come Isabella Colbran, di ascendere alla più fiorita coloratura lirica e discendere a tonalità gravi da rasentare un contralto, due tenori, un contralto che sappia cantare dando di scherma come un giovane spadaccino, un basso di agilità e un coro protagonista a pieno titolo. Sotto il profilo musicale, lo spettacolo ha fatto centro, come non è riuscito in tre differenti allestimenti il Rossini Opera Festival in quanto privi di un «soprano anfibio». (riproduzione riservata)
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