mercoledì 9 novembre 2011
Il programma è dedicato alla riscoperta del sinfonismo italiano
Perché frequentare l“altra” sinfonica romana
Giuseppe Pennisi
Quando si pensa alla musica sinfonica a Roma, ci si riferisce immediatamente all’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. A Roma, oltre alle orchestra universitarie e all’Orchestra di Roma e del Lazio (che ha avuto alterne vicende), c’è, però, una altra grande orchestra sinfonica – i cui concerti (30 ogni stagione) la domenica pomeriggio e il lunedì sono affollati da un pubblico fedele. Non solo grazie a una saggia politica dei prezzi con un forte contenuto sociale: per 30 concerti, l’abbonamento è 300 euro che diventano 180 per gli anziani e 100 per gli studenti. Ha un organico stabile di 80 professori d’orchestra, in gran misura attorno ai 35 anni di età. Ma è soprattutto anche per il carattere innovativo del programma dedicato alla riscoperta del sinfonismo italiano. Montemezzi, Casella, Malipiero, Pizzetti, Dallapiccola, Russolo, Pratella, Sgambati, Ghedini, Mancinelli, Catalani, Martucci vengono considerati, a torto più che a ragione, come espressione di un periodo che si vuole dimenticare. Uniche eccezioni: Petrassi e Respighi.
È l’Orchestra Sinfonica di Roma. Unico esempio in Europa di complesso sinfonico che non ha nessun contributo pubblico. È finanziata dalla Fondazione Roma e da un gruppo di ascoltatori appassionati. Grazie ai suoi sforzi “la sinfonica obliata” italiana sta uscendo dal silenzio.
È un grande merito che meriterebbe di essere premiato dalla mano pubblica.
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