PAESE SENZA TRASPARENZA : I FONDI ESTERI NON ARRIVANO
Giuseppe Pennisi
Secondo la Corte dei Conti , in Italia “la corruzione è in aumento”, specialmente nelle pubbliche amministrazioni. D’altronde, sabato 19 febbraio, bastava sfogliare un qualsiasi quotidiano per trovarvi pagine e pagine dedicate (oltre che a fenomeni di malcostume generalizzati e veri e propri reati contro l’amministrazione centrale dello Stato) all’”affitto poli” milanese, alla “parentopoli” romana, ed al “Cinzia-gate” bolognese.
Nel suo ultimo rapporto annuale, Transparency International pone l’Italia al 67simo posto (dietro il Ruanda ed appena un gradino dopo la Georgia) tra i 178 Paesi censiti; nel 2010 c’è stata addirittura una retrocessione poiché nel 2009 eravamo al 63simo posto. L’indicatore di Transparency International (per quanto basato su una metodologia discutibile- si dà gran rilievo all’informazione giornalistica sui presunti casi di corruzione) ha tuttavia notevole importanza in quanto è sovente utilizzato da manager, imprenditori , uomini d’affari per “percepire” la corruzione di un Paese tale “percezione”; ciò spiega in gran parte perché l’Italia è uno dei Paesi che meno attrae investimenti dall’estero. All’ultima conta (novembre 2010), in percentuale del Pil, gli investimenti diretti dall’estero in entrata sono il 18,6% in Italia, contro il 21% della Germania, il 42,8% della Francia, il 45,9% della Spagna e il 51,7% del Regno Unito. La media mondiale è del 30,7%; secondo il World Economic Forum siamo al 48° posto come attrattività. Non solo nel libro che più degli altri suoi lavori lo ha portato al Premio Nobel per l’Economia nel 1991 (Institutions, Institutional Change, Economic Performance) Douglas C. North individua negli alti “costi di transazione” (il balzello implicito od esplicito per effettuare una transazione economica) causati dalla corruzione il freno principale allo sviluppo di Paesi od aree arretrate e la determinante principale del declino di quelli già ad alto reddito. In breve, quale che sarà la “frustata” all’economia di cui si parla in queste settimane, non arresteremo il declino senza curare la corruzione.
Il quadro peggiora, se dalle classifiche mondiali di passa a quelle europee. Secondo uno studio comparato condotto dalla Università di Göterburg per conto della Commissione Europea, sui 27 Stati dell’UE l’Italia si colloca al 25simo posto, seguita soltanto da Bulgaria e Romania. L’analisi è stata effettuata seguendo un metodo differente da quello utilizzato da Transparency International: nel periodo dicembre 2009 – febbraio 2010 sono stati contattati 200 alti funzionari per Stato membro dell’UE e 34.000 cittadini europei (4.095 in Italia) ed è stato amministrato loro un questionario su tre grandi aree di governo della cosa pubblica – istruzione, sanità, giustizia – per costruire “indici” non solo nazionali ma anche regionali. La Commissione UE afferma, un po’ pomposamente, che si tratta della “più corposa ricerca (su questo tema- n.d.r) mai fatta al mondo”. Dagli indici regionali si ricava che in Italia coesistono regioni (geografiche oltre che amministrative) tra le più virtuose d’ Europa (Trentino, Alto Adige e Valle d’Aosta) e tra le più peccaminose del continente (Campania e Calabria). Ad esempio, secondo la ricerca, mentre per le assunzioni del settore pubblico allargato alle municipalizzate, nelle prime tre regioni conta la meritocrazia accertata tramite concorsi asettici, nelle altre due fanno premio “i rapporti interpersonali”. E’ utile ricordare che, guardando unicamente all’Italia ma utilizzando un metodo di ricerca allora pioneristico (e che lo ha impegnato per quasi un quarto di secolo), circa trent’anni fa Robert Putman dell’Università di Harvard era arrivato a conclusioni analoghe nel libro Making Democracy Work: Civic Traditions in Modern Italy pubblicato dalla Princeton University Press e considerato ormai un classico.
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