L'ANALISI
L'annunciata manovra economica rischia di diventare un boomerang
La frustata e...
il colpo del cavallo
di Giuseppe Pennisi Per la settimana prossima è stata annunciata una frustrata che, tramite riforme a costo zero (principalmente liberalizzazione), dovrebbe portare il tasso di crescita dell’economia italiana dal rasoterra degli ultimi tre lustri al 3-4% l’anno. Auguriamoci che la frustata non abbia gli esiti del colpo del cavallo che si inalbera, disarciona il fantino, gli rompe un po’ di costole e, dato che il poveraccio è per terra, gli lascia anche un ricordo dei suoi equestri bisogni corporali. Il 9 febbraio, data fatidica della frustrata, il vostro chroniqueur sarà a Londra a vedere la nuova edizione di Lucrezia Borgia all’English National Opera. Avviene qualcosa di analogo: per vendicarsi di chi parlava male di lei, la nobildonna avvelena tutti i commensali, senza accorgersi di uccidere pure il beneamato figlio Gennaro.
Chi studia l’economia dell’informazione e chi si ricorda gli eventi dell’estate 1992, ben sa che se si fanno annunci che non si possono mantenere, i mercati non gradiscono di essere presi per i fondelli e si vendicano. Nell’estate 1992, firmato il Trattato di Maastricht, non avevamo una politica economica coerente con i suoi precetti: impegnate tutte le riserve della Banca d’Italia, implorammo una sospensione per 3 mesi (durò circa 4 anni) dagli accordi di cambio europei e la lira perdette la notte del 17 settembre il 30% del proprio valore.
Prima di fare rischiare tanto all’Italia ed agli italiani, chiediamoci se è realistico passare da aumenti del Pil rasoterra ad una crescita del 3-4% l’anni. In Aprile il Piano Nazione di Riforme (Pnr), la cui bozza (predisposta alla fine del 2010 ha ricevuto meno attenzione di quanto avrebbe meritato) dovrà essere finalizzato a presentato alle autorità europee. IL Pnr prevede vaste e profonde riforme ed una ripresa graduale per giungere ad aumenti del Pil del 2% dal 2012. Un miglioramento importante anche perché studi econometrici della Commissione Ue e della Bce pongono all’1,3% il tasso potenziale di crescita a ragione della struttura demografica e dell’apparato produttivo del Paese. Ma un miglioramento molto più contenuto di quello previsto dalla frustata:
Si può fare di più e meglio? Senza dubbio un programma di liberalizzazioni – peraltro già previsto nel Pnr- ed una riduzione del debito pubblico potrebbero contribuire. Ma non sarebbero sufficienti. Dato che per incidere in misura significativa sulla struttura demografica ci vogliono almeno tre decenni di politica “natalista”, ed almeno 15 anni per avere effetti sul capitale umano (tramite miglioramenti dell’istruzione e della formazione) , nel breve-medio periodo si deve pensare a questi strumenti (in aggiunta a quanto già nel Pnr):
a) La ristrutturazione della “catena del valore” (ossia come ci si organizza per aumentare il valore di ciò che si produce) avvenuta negli ultimi 20 anni (l’accordo Volkswagen può essere preso come spartiacque): mentre Francia, Italia, Spagna e altri scorporavano i servizi dal manifatturiero (tramite varie forme di outsourcing), in Germania le imprese accentuavano l’integrazione dei servizi nel manifatturiero. Strategia che è risultata vincente ed ha permesso sia economia di scala sia internazionalizzazione di esternalità tecnologiche, mentre sovente l’ outsourcing ha spesso portato i servizi scorporati nel labirinto poco efficiente della regolazione di competenza di enti locali. Il processo è descritto con cura nel rapporto su ricerca, innovazione ed andamento tecnologico in Germania , pubblicato l’autunno scorso dal Politecnico di Monaco di Baviera.
b) L’aumento delle ore di lavoro effettivamente lavorate. Secondo i dati Ilo, la media italiana è di 1450 ore , rispetto alle 1790-1670 di spagnoli, tedeschi e britannici. Ciò comporta una vera rivoluzione sia nelle abitudini sia nei servizi sociali (integrati nel manifatturiero nelle grandi imprese tedesche e francesi).
c) Portare le liberalizzazioni a livello locale nella giungla del capitalismo municipale , spesso preda di oligopoli collusivi (eloquente il caso dei taxi a Roma), ma ciò richiede probabilmente una norma costituzionale.
d) Fare piazza pulita della giungla normativa, ma anche ciò richiede una modifica della Costituzione per fare sì che tutte le norme siano a “termine” ed alla scadenza debbano essere di nuovo approvate dalle autorità competenti.
Anche ove si riuscisse a realizzare tutto ciò – calpestando in effetti le potestà di Comuni, Province e Regioni (proprio mentre si sta approvando il federalismo !)- il tasso di crescita non supererebbe, secondo i correnti modelli econometrici, il 2,5% l’anno.
Senza un’adeguata documentazione economica, la frustata rischia di diventare un boomerang. Forse per questo il Ministro dell’Economia e delle Finanze tace ed assicura che terrà la barra dritta.
4 febbraio 2011
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