Londra, 10 feb (Il Velino) - La tecnologia è strumento potente per divulgare il teatro in musica. Dopo le proiezioni computerizzate che da alcuni anni sostituiscono scene dipinte e costruite e dopo le proiezioni digitali in diretta di “prime” nei maggiori teatri (ancora poco diffuse in Italia), arriva la diretta in 3D. La “Lucrezia Borgia” di Gaetano Donizetti (in scena all’English National Opera sino al 4 marzo) è la prima opera che per attirare pubblico nuovo e giovane verrà presentata in diretta in mondovisione in hd e 3D il 23 febbraio, quando sarà inoltre in scena in 1500 sale europee e duemila americane e australiane (ovviamente in differita a ragione delle differenze di fuso orario). L’allestimento, affidato a Mike Figgis, regista cinematografico della “nuova scuola” britannica ma già molto noto a livello internazionale, è stato concepito per il tridimensionale: i cantanti sono stati scelti anche perché hanno le physique du rôle, l’impianto scenico accentua prospettive profonde e brevi filmati illustrano l’antefatto e mostrano ciò che sul palcoscenico è difficile fare vedere (nella fattispecie, le orge del 70enne Papa Borgia con alcune ninfette). Visto dal vivo, nel vittoriano Eno, lo spettacolo ha senza dubbio effetto e porta un pubblico nuovo al teatro, nonostante “Lucrezia” sia uno dei titoli meno noti della vasta produzione di Donizetti e abbia un intreccio difficilmente plausibile. Una curiosità: per la prima rappresentazione dell’opera alla Scala nel 1833, l’orchestra venne sistemata in buca, per la prima volta, come lo è adesso.
In breve, tra una Venezia e una Ferrara dove la bella gioventù passa il tempo a gozzovigliare, l’ormai 40enne Lucrezia, sposata a Filippo d’Este, ritrova il figlio Gennaro (toltole alla nascita) e al termine di un complesso intrigo, senza volerlo, lo fa avvelenare con i suoi compagni di festini. Difficile comprendere la logica dell’intreccio; in particolare perché Gennaro, dopo essere stato torturato da sadiche virago e avere scampato un tentativo di avvelenamento, invece di scappare da Ferrara abbia la forza e la voglia di partecipare ad un festino-orgia-trappola dalla principessa Negroni. Ciò che salva il lavoro è la partitura cupa e densa, nonché priva di imbellimenti belcantistici, forse la più prossima a quello che, dieci anni dopo, sarà il melodramma verdiano. Paul Daniel scava l’eleganza della scrittura orchestrale (specialmente i fiati e gli ottoni), Claire Rutter scansa le difficoltà più impervie della coloratura. Grande promessa è Micheal Fabiano (giovane tenore lirico a tutto tondo), che si rivela anche un grande attore (pur se in un ruolo improbabile). Tra gli altri, spiccano Elizabeth DeShong (Maffeo Orsini) e Alastar Miles (Filippo d’Este). Tre ore (intervallo compreso) di grande tensione.
(Hans Sachs) 10 feb 2011 12:40
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