martedì 1 febbraio 2011

Lirica, a Parma una visionaria “Forza del destino” in bianco e nero Il Velino 1 feb

CLT - Lirica, a Parma una visionaria “Forza del destino” in bianco e nero


Parma, 1 feb (Il Velino) - La stagione invernale-primaverile del Teatro Regio di Parma è stata inaugurata con un nuovo allestimento de “La forza del destino”. L’obiettivo è di confezionare entro il 2013, bicentenario della nascita del compositore, un dvd con tutte le opere di Verdi in allestimenti filologici realizzati dal teatro. “La forza del destino”, di cui questa rubrica si è occupata in occasione della messa in scena allo Sferisterio di Macerata, di recente si è vista anche a Firenze, con la ripresa di un’edizione di alcuni anni fa. Non è una delle opere di Verdi rappresentate più di frequente. Richiede almeno sei voci di grande livello (un soprano “assoluto”, un tenore “spinto”, un baritono, un mezzo soprano, un basso drammatico e un baritono-basso buffo), alcuni caratteristi ed un corpo di ballo: in effetti è il prototipo del “grand opéra padano” che si sarebbe affermato negli ultimi decenni dell’Ottocento. Ha un libretto scarsamente credibile, la cui azione, molto macchinosa, si svolge tra varie parti della Spagna e Italia nella guerra tra Madrid e Vienna per il controllo della Penisola. Ne esistono due versioni di base (e molte interpolazioni): la prima del 1862, composta per San Pietroburgo, è byroniana e disperatamente atea; la seconda, rivista e adattata per La Scala nel 1869, apre la porta alla fede ed a un finale edificante imperniato sul perdono. Nei sette anni tra le due versioni, Verdi aveva stretto amicizia con Alessandro Manzoni; ciò spiega il senso di dubbio di fronte all’Alto dell’edizione del 1869. Infine, su “La forza” vaga la diceria di essere di cattivo augurio male a teatri ed interpreti: un noto baritono è morto in scena mentre la cantava e in altre occasioni hanno avuto luogo diverse disavventure. Anche a Parma, dove soprano e tenore sono stati sostituiti a prove iniziate perché ammalati.

Nella edizione in scena nella città emiliana sino all’8 febbraio viene utilizzata la versione critica di Philip Gossett dell’allestimento scaligero del 1869. Vengono aperti tutti i cosiddetti “tagli di tradizione”, con il risultato che lo spettacolo dura circa quattro ore, intervalli compresi. Regia, scene, costumi e luci sono di Stefano Poda che presenta una “Forza” in bianco e nero – i due colori dominanti – e ambientata più in una visionaria Pomerania di fine Ottocento che nella Spagna ed Italia del Settecento. La recitazione è attenta; buone le scene di massa; efficaci le modernissime azioni coreografiche. In breve, nulla di oleografico oppure di trasposizioni e attualizzazioni (si ricorda un allestimento scaligero e romano con scene di Guttuso) alla guerra di Spagna nel 1936-38. Al contrario, una produzione stilizzata che senza tentare di rendere credibile il complesso intreccio mette in risalto i suoi temi di fondo: l’onore, il pentimento, il perdono.

Gianluigi Gelmetti sottolinea la modernità dello spartito con una concertazione dilatata e introduce un cromatismo particolare, tutto verdiano poiché a quell’epoca il maestro di Busseto non aveva ancora avuto accesso a Wagner. Riprende, poi, momenti cameristici, spesso trascurati. Di rilievo il debutto, nel ruolo di protagonista, di Dimitra Theodossiou, non più giovane e dopo 20 anni di carriera. La sua è una Leonora piena di temperamento, meno dolce di quanto ormai tradizionale, con tinte belcantistiche che scivolano nel drammatico. La affiancano Vladimir Stoyanov (baritono verdiano sperimentato) e Aquiles Machado (tenore lirico venezuelano che ricompare, dopo un periodo di assenza sulla scena internazionale, in un ruolo più “spinto” di quanto a lui consueto). Di livello, gli altri tre protagonisti - Mariana Pentcheva, Roberto Scandiuzzi e Carlo Lepore - nonché i numerosi personaggi minori e il coro, che ha un ruolo importante in questo prototipo di “grand opéra” padano.

(Hans Sachs) 1 feb 2011 12:35

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