Regionali, se avesse vinto la sinistra…
Quello che dicono i 20 maggiori istituti econometrici internazionali
Roma, 30 mar (Velino) - L'ha scampata bella ed evitata quasi di un soffio. Che scenario economico nazionale (al di là di quelli delle singole Regioni) si sarebbe prospettato ove alle elezioni avesse vinto la coalizione di sinistra? Facciamo parlare i numeri utilizzando gli scenari del “consensus” (il gruppo dei 20 maggiori istituti econometrici internazionali, tutti privati, nessuno italiano; quindi, distinti e distanti dalle nostre questioni di bottega) sulla base delle stime prodotte il 27 marzo e distribuite via web agli abbonati (tra cui i think tanks della sinistra), ma non rese note al grande pubblico a ragione dei divieti posti dalla normativa sulle campagne elettorali.
La conseguenza immediata sarebbe stata inevitabilmente una maggiore instabilità politica (quale quella in atto in Francia in questi giorni); con richieste di dimissioni del governo (d’altronde già annunciate da esponenti dell’opposizione parlamentare). Il Fondo monetario internazionale (non certo tacciabile di essere di parte) stima, in un documento appena messo sul web, che ciò comporterebbe un rallentamento del tasso di crescita. La stima si basa sull’esperienza di 169 Stati nell’arco di tempo 1960-2004 analizzando (con strumentazione econometria) lassi di tempo quinquennali. L’instabilità - afferma l’analisi, NIPE Working Paper N.5/2010, che chiunque può verificare - avrebbe avuto come sua prima vittima la produttività di lavoro e capitale. Tramite i consueti canali di trasmissione, ciò avrebbe voluto dire una riduzione dell’aumento del benessere per tutti. Interpolando con le stime del “consensus” la crescita del Pil sarebbe dello 0,7 per cento nel 2010 e del 0,9 per cento nel 2011, invece che dell’1 per cento e dell’1,2 per cento previsti il 27 marzo (media delle stime dei 20 centri di analisi previsionale) in caso di governo stabile. (segue)
Inevitabili le implicazioni sul tasso di disoccupazione: dall’8,3 per cento a fine 2009 si sarebbe andati a più del 10 per cento all’inizio del 2011. Sarebbe aumentato il numero delle famiglie (oggi 7 milioni) sotto la linea della povertà. E per tutti l’indigenza sarebbe diventata più grave. Quindi, un’Italia meno benestante e più diseguale.
Se a queste conseguenze dell’instabilità politica si sarebbe cumulate alcune delle proposte elettorali di candidati Governatori della sinistra, le prospettive sarebbero diventate ancora più inquietanti. Otto dei 13 candidati della sinistra facevano leva su un’interpretazione complicata (sarebbe la Corte costituzionale a dire se è corretta) della legge D’Alema del 2000 sul decentramento per sostenere che, in caso di vittoria, re-introdurrebbero l’Ici. Alcuni parlavano apertamente di un’imposta patrimoniale (regionale). Il sangue (buono o cattivo) non mente: nella seconda metà degli Anni Novanta (con il centro sinistra al timone del governo), il carico tributario è stato aumentato (con il pretesto che questa fosse l’unica strada per entrare nell’euro) di sette punti percentuali del Pil (secondo un’analisi Bankitalia mai contestata). Stiamo ancora pagando il prezzo di tale aumento in termini di crescita inferiore al nostro potenziale pur di Paese maturo con demografia anziana e con impianti spesso obsoleti: lo afferma uno studio della Banca centrale europea che, pubblicato nel 2007, nessuno ha mai confutato.
(Giuseppe Pennisi) 30 mar 2010 16:06
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