Mefistofele e Tannhauser non lasciano il segno
Di Giuseppe Pennisi
Inscena
Due opere le cui vicende si svolgono nello stesso periodo (il tramonto del Medioevo e l'inizio del Rinascimento) e che trattano temi affini, ossia la lotta tra Bene e Male sono in scena contemporaneamente a Roma fino al 24 marzo e a Milano, fino al 2 aprile. Mefistofele di Boito torna al Teatro dell'Opera dopo 50 anni e Tannhauser di Wagner segna il rientro, dopo 32 anni, di Zubin Mehta alla concertazione di un'opera alla Scala. Per l'ateo Boito, il Bene vince grazie all'operosità di Faust pur se immerso in un mondo diabolico. Per il luterano Wagner il perdono è concesso dalla Grazia divina al protagonista, sinceramente pentito. Nei due allestimenti imperversano le proiezioni computerizzate; l'azione di Mefistofele e Tannhauser è spostata rispettivamente dall'Assia e dalla Turingia del 1300 alla Lombardia della scapigliatura e all'India di Bollywood. Freddo il pubblico romano, non pochi i fischi dal loggione della Scala. Sotto il profilo musicale a Roma eccellono la direzione di Palumbo, il coro e il giovane protagonista Anastassov, mentre risultano incolori gli altri. A Milano è poco compatta e poco intensa la direzione di Mehta, di grande livello invece le due protagoniste femminili (Harteros e Gertseva), mentre quello maschile, Dean Smith, è in difficoltà con gli acuti in specie al secondo atto e l'amico più stretto Wolfram, cantato dal baritono Trekel, ha una buona voce, ma volume piccolo. (riproduzione riservata)
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