STRAUSS ELEKTRA E. Popovskaya, A. M. Chiuri, M. Hundeling, R. Decker, Th. Gazheli, I. Bakan , E. Maffi, C. Soumiere, A. Bezuyen, V. M. Brunetti, M. Bortolotti, J. Bodrazic, M. Wackerle , A. Ahsef, J. H. Kim, L. Martins . Orchestra Haydn di Bolzano e Trento eOrchestra regionale dell`Emilia Romagna, Maestro concertatore e direttore GUSTAV KHUN Regia Manfred Schweigkofler .Concetto scenografico e costumi Hans-Martin Scholder Scene Michele Olcese Luci Andrej Hajdinjak Coro del Teatro municipale di PiacenzaMaestro del coro Corrado Casati
Teatro Municipale di Piacenza, 30 gennaio 2010.
Prodotta da quattro teatri considerati minori poiché non fanno parte del gruppo delle fondazioni liriche (quelli di Bolzano, Ferrara, Modena e Piacenza, in ordine alfabetico) questa “Elektra” può essere considerato come il vero primo spettacolo straordinario (nel significato etimologico di “fuori dall’ordinario”) di questo inizio di stagione lirica 2009-2010. In primo luogo, la tragedia in musica in un atto di Hofmannsthal e Strauss viene presentata in versione integrale, ossia include alcuni versi (ed alcune battute musicali) eliminate in occasione della prima mondiale a Dresda nel 1909 (poiché ritenuto troppo esplicitamente sessuali da essere sconvenienti): i pochi minuti accentuano il coloro cupo della tragedia, mostrano la vena freudiana che la permea e sviscerano ancora di più gli abissi della psiche delle tre protagoniste femminili. In secondo luogo, Kuhn, a volte altalenante in questi ultimi anni, ha lo smalto ed il vigore di un tempo: ha amalgamato due orchestre (quella di Trento e Bolzano e quella dell’Emilia e Romagna) che con un organico di 110 professori, nell’acustica perfetta di teatri di piccole dimensioni, creano un effetto stereofonico, avvolgendo letteralmente lo spettatore: ci si sente “dentro” la tragedia, partecipi del travaglio dei protagonisti. Particolarmente efficaci le dissonanze che , al pubblico più giovane (che occupava diverse file, nonostante la rappresentazione fosse il primo turno d’abbonamento), facevano avvertire quasi effetti jazzistici. Superlativi, gli ottoni e le arpe. L’enorme organico non è in buca (sarebbe stato impossibile date le dimensioni dei teatri in cui questa Elektra viene messa in scena), ma sul palcoscenico, in gradinate che fronteggiano il pubblico. In terzo luogo, quindi, si è alle prese, come al Festival del Tirolo a Erl, con un impianto scenico inusuale: sul boccascena la “stanza” della protagonista, un ambiente claustrofobico ammobiliato con una sola vecchia poltrona, dai lati due torri di tubi di metallo che portano ad un secondo piano (la reggia, anch’essa spoglia). L’azione su due piani e nella scale che li collegano accentua ancora di più la stereofonia della partitura. In quarto luogo, il cast vocale. Benché ammalata, Elena Popovskaya si è rilevata una grande Elektra che gareggiava con Maida Hundeling, una Crisothemis, con un volume ed un fraseggio pari a quello della protagonista. Per la prima volta, un’italiana, Anna Maria Chiuri, affrontava il terrificante ruolo di Klytämnestra, superando brillantemente la prova. Le voci maschili – si sa- hanno un ruolo relativamente minore- ma Wieland Satter e Igor Decker sono un Orest ed un Aegysth giovani e di qualità. Molto buone le ancelle di Elektra che hanno la funzione del coro greco. In breve, uno spettacolo da gustare e rivedere, sperando che la tournée venga estesa ad altri teatri.
Giuseppe Pennisi
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