Quanto costa l'instabilità politica
Roma, 10 mar (Velino) - Pochi si sono chiesti quale è il costo economico di quanto sta avvenendo in questi giorni. È facile computare il costo finanziario all’erario. Le stime sono che una tornata elettorale (organizzare seggi, scrutatori, ecc) comporta una spesa pubblica complessiva tra i 350 ed i 400 milioni di euro. Per un calcolo approssimativo, occorrerebbe aggiungere la spesa dei privati - partiti, comitati, elettorali, singoli candidati. È difficile avere dati certi. Si sa comunque che le elezioni con preferenza, specialmente se con preferenza unica (come quelle regionali), comportano un costo molto più elevato di quelle con lista bloccata a ragione della concorrenza all’ultimo colpo dei singoli canditati. Stime approssimative portano la spesa privata tra i 1500 ed i 2000 milioni di euro – parte della quale finisce con il gravare, in ultima istanza, sull’erario a ragione del meccanismo dei rimborsi elettorali (che ha sostituito il finanziamento pubblico dei partiti). Nella situazione di questi giorni, è possibile che si giunga ad un rinvio delle elezioni della Regione Lazio; ancor più arduo fare una stima poiché data la valenza della Regione è possibile che la campagna continui, dopo le elezioni nelle altre Regioni, a livello nazionale in attesa che si vada alle urne nel Lazio. Questi costi si sarebbero in parti evitati o molto contenuti se, dopo il “decreto legge interpretativo”, la lista del Pdl fosse stata ammessa.
Per significativi che siano questi costi, sono verosimilmente inferiori a quelli, sull’economia del Paese, della forte instabilità politica di queste settimane. A questo riguardo ci viene in aiuto un lavorio recentissimo di Ari Aisen del Fondo monetario internazionale e di Francisco José Veiga della Universitade do Monho “How Does Political Instability Affect Economic Growth?” in corso di pubblicazione ma appena diramato, su supporto magnetico come NIPE Working Paper N. 5/2010. Il lavoro utilizza una strumentazione econometrica complessa per stimare il costo dell’instabilità politica in un campione di 169 Paesi in periodi di cinque anni nel lasso di tempo dal 1960 al 2004. Tanto più alta è l’instabilità politica tanto più bassa è la crescita del Pil pro-capite. L’instabilità agisce soprattutto sulla produttività e, in maniera inferiore, sull’accumulazione di capitale umano e fisico.
Pur se è difficile giungere a stime, dal lavoro di Aisen e Veiga si può ricavare che il caos di queste settimane può rallentare la crescita del Pil nel 2010 di qualcosa tra un quarto e mezzo punto percentuale.
(Giuseppe Pennisi) 10 mar 2010 11:08
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